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Tag: apologetica

  • Quando è vissuto Isaia?

    Quando è vissuto Isaia?

    Data di riferimento: 701 a.C.

    Popoli: Assiria, Egitto, Giuda

    Profeti/Profetesse: Osea, Michea, Isaia, moglie di Isaia

    Reperti importanti:

    Altre risorse utili: Difesa dell’unità di Isaia (E. J. Young)

    Sintesi:

    L’assalto al regno di Giuda da parte di Sennacherib è un evento di grande importanza nel racconto biblico. Il momento memorabile è senz’altro la disfatta dell’esercito assiro dopo la notte disastrosa in cui “l’angelo del SIGNORE uscì e colpì nell’accampamento degli Assiri centottantacinquemila uomini”. Esistono numerose testimonianze extrabibliche per questo evento. Particolarmente degne di nota sono:

    1. il prisma di Sennacherib in cui il re dell’Assiria stesso racconta giustifica l’assalto, registra il tributo di trenta talenti d’oro e numerosi altri beni inviati da Ezechia e, piuttosto che riconoscere la sconfitta, si vanta di aver lasciato il ribelle Ezechia “come un uccello chiuso in gabbia”;
    2. i bassorilievi del palazzo di Sennacherib, oggi conservati al British Museum, che rappresentano con dettagli strazianti la devastazione di Lachish (una delle principali città fortificate di Giuda);
    3. una delle tavolette della c.d. “cronaca babilonese” che offre una testimonianza esterna della morte di Sennacherib per mano della sua prole;
    4. le rovine di Lachis stessa, che testimoniano l’atroce fine dell’ultimo baluardo che proteggeva la capitale dagli assiri ma anche gli sforzi fatti da Ezechia per estirpare i culti pagani praticati dagli abitanti della città;

    il tunnel che Ezechia fece scavare a Gerusalemme in vista di un probabile assedio (che tuttavia non c’è stato) che insieme alla lapide di un prefetto della casa trovata in una delle tombe scavate nella roccia di fronte a Gerusalemme e al sigillo di Eliachim ricordano quanto le parole conservate nel capitolo 22 di Isaia sono legate a un luogo e a una data precisa e non avrebbero senso se pronunciate altrove o in un momento diverso.

  • Unità di Isaia

    Unità di Isaia

    Relazione del professore Edward Joseph Young in difesa dell’unità di Isaia, contro chi sostiene che le profezie di Isaia sono in realtà il frutto di tre o più autori che avrebbero scritto in epoche diverse da quella del profeta Isaia.

    Trascrizione automatica

    00:00:00 

    I diritti di autore per la relazione che segue, tenuta dal professore Edward Joseph Young, spettano alla Westminster Teological Seminary. La diffusione in lingua italiana è stata concessa dal proprietario a patto che questa non avvenga a scopo di lucro. Hanno collaborato alla trascrizione, al doppiaggio in italiano di questa relazione, Connie Jo Forni e Caleb William Boyes. 

    00:00:24 

    One of the principal questions in dispute today in the Old Testament field has to do with the authorship of the prophecy of Isaiah. 

    00:00:37 

    Uno dei temi più discussi nell’ambito degli studi dell’Antico Testamento, al giorno di oggi è chi sia stato l’autore delle profezie di Isaia e quasi la posizione dominante, sostenere che Isaia non è un’unità, cioè che è stata l’opera di un gran numero di autori e si possa dividere in tre segmenti, chiamati primo, secondo e terzo, Isaia. 

    00:00:59 

    Con questo i sostenitori non intendono che ci siano stati solo tre autori. Questi sono semplici divisioni del libro, ognuna delle quali avrebbe avuto numerosi autori. 

    00:01:11 

    Ma quando osserviamo il nuovo testamento notiamo che il nuovo testamento parla di questo libro come se fosse opera dei del profeta Isaia. Notiamo anche che il nuovo testamento cita da Isaia, più che da qualsiasi altro libro di tutti gli altri libri profetici insieme. 

    00:01:30 

    Cita da ogni parte di Isaia e ognuna di queste parti, attribuita a Isaia stesso. 

    00:01:36 

    Ora c’è chi direbbe che questo non significa granché, che il nuovo testamento non intende dirci chi sia l’autore, ma usa la parola Geremia in senso generale, suppongo, come se fosse un’etichetta in una biblioteca si può trovare molto materiale in base all’etichetta e quindi la parola Isaia significherebbe semplicemente. 

    00:01:58 

    Così ci dicono che questo è un’insieme di scritti che portano il titolo Isaia, ma non ci direbbe chi è realmente l’autore? Il problema con questa approccio è il modo in cui il nuovo testamento cita da questo libro, se noi esaminiamo le citazioni e guarda caso, troveremo che ci sono un numero uguale di citazioni dei primi 39 capitoli e di citazioni dai capitoli 40 al 66. 

    00:02:26 

    Quando esaminiamo queste citazioni, notiamo che l’enfasi non è tanto sul libro di Isaia o le profezie di Isaia, anche se queste ovviamente sono di interesse, ma l’enfasi sembra essere sulla persona. Isaia, dunque leggiamo frasi tipo Isaia poi osa affermare oppure ben parlò lo Spirito Santo, quando per mezzo del profeta Isaia disse, O ancora di nuovo, Isaia dice. 

    00:02:56 

    Vedete? L’enfasi è sulla persona e queste sono delle affermazioni di natura storica. Isaia osò dire se questa affermazione non è storica, allora ci si può chiedere se possiamo o meno fidarci del nuovo testamento. Io vorrei portare alla vostra attenzione il capitolo 12 del Vangelo di Giovanni. 

    00:03:18 

    Il. Il signore aveva compiuto dei miracoli visti dai farisei, ma i farisei non credono in lui e la motivazione della loro incredulità è questa, una citazione da Isaia, signore, chi ha creduto alla nostra predicazione, a chi è stato rivelato il braccio del Signore. Ora queste parole sono citate dal capitolo 53 di Isaia, dal primo versetto. 

    00:03:45 

    E sono volutamente attribuite al profeta Isaia. Inoltre, l’adempimento di queste parole sarebbe l’incredulità dei farisei, i farisei non credono ai miracoli di Cristo, poiché Isaia aveva detto, Signore, chi ha creduto alla nostra predicazione, a chi è stato rivelato il braccio del Signore? 

    00:04:07 

    Questo è molto interessante. 

    00:04:10 

    Giovanni ci dice che queste sono le parole di Isaia, e queste vengono dal capitolo 53 di Isaia, ora c’è grande discussione riguardo alla. 

    00:04:22 

    Alla posizione del capitolo 53, se faccia, se fa parte o meno del suo contesto. La scuola di Bernhard Duhm sostiene che questo capitolo non fa parte del contesto che il contesto sarebbe stato scritto durante l’esilio, ma il capitolo 53 sarebbe stato scritto 100 anni più in là. 

    00:04:41 

    È il capitolo 53, secondo la posizione di Bernardum, apparteneva in realtà a un libro di canti che riguardavano un rabbino Lebbroso. Secondo Duhm, qualcuno ha appreso questo capitolo togliendolo dal suo contesto in un libro di salmi e l’ha inserito nel contesto in cui lo troviamo oggi e quindi non avrebbe nulla a che fare con quel contesto in realtà. Eppure Giovanni ci dice che Isaia disse queste cose e che l’adempimento di queste cose è proprio l’incredulità dei farisei. 

    00:05:14 

    Quindi qui vediamo che una citazione di Isaia 53 viene attribuita al profeta Isaia. 

    00:05:21 

    Ora Giovanni continua con un’affermazione veramente notevole, lui dice che non potevano credere, perché Isaia dice ancora non dice perché troviamo ancora scritto nel libro di Isaia, ma dice, poiché Isaia dice ancora e poi ci spiega perché i farisei non riuscivano a credere, non potevano credere a causa di queste ulteriori parole di Isaia. 

    00:05:47 

    A questo punto Giovanni cita il capitolo Sei di Isaia, dove vediamo il resoconto della chiamata al ministero del profeta. 

    00:05:56 

    Ora, per quanto io ne sappia tutti gli studiosi sono d’accordo che è stato Isaia l’autore del capitolo sei. 

    00:06:04 

    È presentato in quello che i tedeschi chiamano ich style, lo stile “io” è un resoconto della chiamata al ministero e quindi è attribuita al profeta stesso. 

    00:06:17 

    Il profeta, allora, al capitolo Sei, spiega perché i farisei non avrebbero potuto credere. 

    00:06:24 

    Ricordate le parole che il signore ha rivolto al profeta quando dà l’ordine al profeta di andare, tu dirai a questo popolo, ascoltate, ma non intendendo. E così via. Dunque questo viene applicato da Giovanni al rifiuto dei farisei, e questo è attribuito. 

    00:06:43 

    Taglia in quest’unica citazione, allora Giovanni sta unendo queste due citazioni attribuendole tutte e due a Isaia. Se ciò non bastasse, quasi come se anticipava lo l’approccio moderno allo studio, Giovanni continua con un’ulteriore affermazione, dicendo, Isaia disse queste cose quando vide la sua gloria e parlò di lui. 

    00:07:07 

    Cioè queste due cose sono le cose che Isaia ha detto e la persona Isaia che è messa in enfasi e Isaia disse queste cose in una certa condizione, in un certo una certa situazione le disse Quando vide la sua gloria, cioè la gloria di Cristo, e parlò di lui, cioè di Cristo. 

    00:07:28 

    Ora è possibile che per vedere la sua gloria. 

    00:07:34 

    Si parla principalmente della visione del capitolo sei, anche se io tendo a credere che quello che vede è molto di più. Il ministero di Cristo sulla terra e i miracoli che Cristo fa questo vide Isaia quando vide la sua gloria e parlò di lui. Questi brani, quindi, si riferiscono a Cristo. 

    00:07:55 

    Ora la cosa veramente interessante qui è che l’intero studio di critica della forma, dai giorni di Hermann gunkel, studioso dell’Antico Testamento, gli si concentra su quello che è chiamato il six-In-laben di una dichiarazione profetica. 

    00:08:14 

    Per seeds in liben, che significa letteralmente il posto a sedere nella vita, intendono che la situazione di vita che vive un profeta porta alla dichiarazione profetica fatta. 

    00:08:30 

    Quindi gli studiosi si interessano di questo, cioè nella critica delle forme. Giovanni ci dice qual è la situazione in cui Isaia parla e in quali condizioni pronuncia le parole. 

    00:08:43 

    Le pronuncia quando vede la gloria di Cristo e parla di lui. Ora se noi studiamo attentamente questi brani, è difficile fuggire alla conclusione che Giovanni è convinto che l’intero libro di Isaia sia la prima che la seconda parte. Sono parole di Isaia e sono state pronunciate in una situazione molto precisa. 

    00:09:04 

    Quando il profeta Isaia parlò riguardo a Cristo. 

    00:09:09 

    Se noi prendiamo ogni citazione dal libro di Isaia presentata nel nuovo Testamento, troviamo lo stesso schema. L’enfasi è sulla persona. Isaia è l’intero libro viene apparentemente considerato opera di Isaia. Ora questa posizione sembra essere sostenuta ulteriormente, anche se credo che per un cristiano basterebbero le affermazioni del nuovo testamento. Sembra essere sostenuta ulteriormente dalla scoperta dei rotoli del Mar Morto. 

    00:09:37 

    Conoscete questa scoperta che è stata fatta nel 1900? 

    00:09:42 

    Qualcuno crede che la data sia il 45, ma la data meglio conosciuta è il 47, comunque importa poco. 

    00:09:50 

    Crede che il rotolo di Isaia scoperto in realtà non ci illumina riguardo alla domanda di chi sia l’autore e. 

    00:09:59 

    Io trovo abbastanza divertente vedere degli studiosi disposti a discutere di tutto per quanto riguarda questi rotoli scoperti, tranne come potrebbero aiutarci a capire chi sia l’autore del libro di Isaia? 

    00:10:14 

    In genere si tende a dire che è prematuro, è troppo presto fare affermazioni di questo genere, però non pare che non sia troppo prematuro parlare di qualsiasi altro tema si possa collegare con i rotoli del Mar Morto. 

    00:10:30 

    Comunque Io credo che il grande rotolo di cumran in realtà ci illumina su questa domanda, quel rotolo contiene 52 colonne e queste 52 colonne presentano l’intero libro di Isaia e suppongo che la prima domanda che ci poniamo tutti è, come sono sistemati i capitoli 30? 

    00:10:52 

    Quanta esiste una sorta di divisione o qualche spacco tra questi capitoli? 

    00:10:58 

    Beh, è molto interessante. Il capitolo 39 finisce a una riga dalla fine della colonna. Ci sarebbe spazio per forza 5 o sei lettere alla fine di quella riga e il capitolo 40, poi, inizia sull’ultima riga della stessa colonna, senza alcuno spacco in tentazione. 

    00:11:18 

    La calligrafia è esattamente identica a quella precedente. 

    00:11:23 

    Uno spacco in tutto il manoscritto e questo è alla fine del capitolo 33. 

    00:11:30 

    E credo che il motivo che troviamo qui una divisione è perché siamo alla metà fisica del Libro per gli ebrei. Uno dei versetti verso la fine del capitolo 33 era considerato la metà del libro di Isaia. 

    00:11:44 

    È dunque possibile che uno spacco viene fatto a questo punto semplicemente per indicare la metà fisica del libro. Ma per quanto riguarda il capitolo 40 non c’è nessuna divisione e questa è veramente una cosa notevole. 

    00:12:00 

    Ora credo che senza dubbio si può affermare che la data del rotolo e il rotolo è datato al 125 a.C., cioè risale al secondo secolo a.C. Ora bernardum, aveva affermato sosteneva che il libro di Isaia è arrivato nella forma attuale solo nel primo secolo AC, quindi la semplice esistenza di questo rotolo dimostra che le teorie di dune vanno scartate. 

    00:12:31 

    E il libro esisteva così come ce l’abbiamo oggi, già nel II secolo AC. 

    00:12:37 

    Poi il libro di ecclesiastico, un testo apocrifo cita dal profeta Isaia e lo cita riferendosi ad Isaia come autore cita dal capitolo 40, per esempio, attribuendo quel capitolo ad Isaia, e parla del profeta Isaia con con parole veramente lusinghevoli, USA un linguaggio che nel capitolo 11 della profezia viene attribuito al Messia stesso, comunque ecclesiastico, attribuisce questo ad Isaia. 

    00:13:07 

    Dunque, la tradizione di Isaia come autore è estremamente ben fondata, risale al secondo secolo AC. Come minimo e ovviamente il libro stesso inizia con le parole, la visione di Isaia, figlio di Amos. 

    00:13:23 

    Nessun altro nome mai stato collegato con questo libro in alcun modo nessun altro nome è stato collegato con una parte del libro, l’unico nome mai attribuito a questo libro è il nome Isaia. Ora questo ci porta alla prima domanda, come è nata questa tradizione e cosa ne pensano gli studiosi moderni? 

    00:13:44 

    Dobbiamo vedere un po la storia della critica. 

    00:13:48 

    Per capire cos’è che le persone al giorno d’oggi dicono del profeta Isaia? 

    00:13:55 

    Per quanto io ne sappia iben azra, uno studioso ebreo del Medioevo. 

    00:14:01 

    Suggerire che il capitolo I capitoli dal 40 al 66 forse non erano opera di Isaia, ora ibenestra era un razionalista e la sorta di razionalista. 

    00:14:12 

    Che voleva apparire ortodosso ma cercava di di inserire quante più cose possibili in questa sua ortodossia, quando per esempio un’altro Rabbino Namanide mise in discussione la. 

    00:14:29 

    Chi fosse l’autore della lista dei re che troviamo in genesi è i benestra ha con gran coraggio, detto che del Piombo fuso si dovrebbe versare in bocca anamanide. Ora questo sarebbe un modo per difendere l’ortodossia, ma credo che ce ne sono. Ci sono modi migliori. 

    00:14:48 

    Dunque il benessere è la sorta di persona che suggeriva che forse c’era qualcosa di discutibile riguardo a un testo biblico, ma non sembrava avere il coraggio di dirlo apertamente. 

    00:15:01 

    Per esempio, in genesi 12 6, quando leggiamo che in quel tempo i cananei erano nel paese, beh, i benestra evidentemente non credeva che quella affermazione era opera di Mosè e disse che quel versetto aveva un segreto, ma un uomo prudente avrebbe non avrebbe parlato. 

    00:15:24 

    Dunque il suggerimento da parte di Iban estra che forse i capitoli 40 66 era un’opera di qualcun altro e non di Isaia, non porta un gran peso. Non è un’affermazione che nasce da un pro, da un pensiero molto approfondito. Sono convinto di questo. un’altro individuo, Moses, Iben gikatilla, spero che nessuno mi chiederà come si scrive. 

    00:15:48 

    Anche quest’altro ha suggerito che i capitoli dal 40 al 66 potrebbero essere stati scritti da qualcun altro e non proprio da Isaia. 

    00:15:57 

    Ora, a parte questo, non conosco altre istanze nella storia degli ebrei o nella storia della Chiesa cristiana. Quando qualcuno avrebbe negato o messo in discussione il fatto che Isaia fosse l’autore, almeno non fino a 1, 27 anni dopo il libro di Astrob. Quindi siamo nel 1780 o qualcosa del genere, quando in una traduzione in tedesco del Commentario del Vescovo Laof. 

    00:16:27 

    Un commentario che sostiene che Isaia fosse l’autore dell’intero libro, l’editore tedesco, un uomo di nome Capa, suggerì in una nota a piè di pagina al capitolo 50, che quel capitolo forse era opera di ezechiele o di qualcun altro vissuto durante l’esilio. 

    00:16:45 

    A distanza di 7 anni, uno studioso tedesco di nome Doderlein suggerì, e credo che questa è la prima volta che il suggerimento è di un di una certa serietà che i capitoli dal 40 al 66 non fossero opera di Isaia. 

    00:17:00 

    Via, ora siamo finalmente riusciti a comprare questo commentario di doderlein per la nostra biblioteca nel seminario e devo dirvi che è un commentario veramente povero. Non c’è una difesa ben ragionata per questa posizione, ma dodelein mette in moto le cose e subito le persone iniziano a dire che i capitoli dal 40 al 66 non sono opera di Isaia e allora nasce la domanda, se non è Isaia l’autore, allora chi ha scritto questi? 

    00:17:31 

    Soli, qualcuno diceva che una persona vissuta durante l’esilio ha scritto questi capitoli, qualcun altro diceva no, erano l’opera di un gran numero di persone. Poiché questi capitoli non sembrano presentare 1 1 ragionamento sviluppato allora si sosteneva che erano opera di un gran numero di persone verso l’inizio del secolo scorso. Uno studioso tedesco, Genius, scrisse in Difesa dell’unità di questi capitoli. 

    00:18:02 

    Ora lui non attribuiva ad Isaia. 

    00:18:05 

    Questi capitoli, ma disse che era un’opera di un individuo che, vissuto durante l’esilio e questo autore veniva definito il grande sconosciuto dell’esilio. O, per usare una frase tedesca, il Deutero Iosaia il secondo, Isaia Deutero, è comunque è una parola greca e dire deutero iosaia piuttosto che secondo Isaia fa sembrare molto più colti. Per questo si parla sempre di questo deuteroyosaia.com. 

    00:18:36 

    Ha suggerito che forse questo era un secondo individuo, sempre di nome Isaia, ma non è un non è stato un suggerimento molto utile. 

    00:18:46 

    Dopo l’opera di the Genius, è diventato popolare la posizione che i capitoli del 40 e 66 erano opera di un autore sconosciuto che è vissuto durante l’esilio babilonese e i capitoli dall’uno al 39, per lo più erano opera di Isaia. Questo credo è stata la posizione dominante durante il secolo scorso. A fianco a questo c’era chi sosteneva che l’intero Libro fosse opera di Isaia. 

    00:19:15 

    Periodo alcuni dei commentari al libro di Isaia, alcuni dei commentari migliori sono stati scritti. 

    00:19:21 

    Direi che alcuni dei commentari migliori di tutti i tempi sono stati scritti in questo periodo. Maurice Drexler, per esempio, che credo abbia scritto il commentario migliore in assoluto su Isaia Josefadison Alexander della Princeton Theological Suminary, Franz Delic Karell, Paul Gasparri. Tutti hanno scritto riguardo a questa profezia. 

    00:19:45 

    E altri hanno scritto dei commentari veramente fantastici. In difesa dell’unità del libro. Ora veniamo alla domanda, perché mai qualcuno negherebbe che Isaia, l’autore di questi capitoli? Perché dunque Isaia non avrebbe potuto scrivere i capitoli dal 40 al 66? Bene, sono stati presentati un gran numero di ragionamenti per questa posizione. 

    00:20:08 

    Zone e si. 

    00:20:09 

    È detto anzitutto che il nome Isaia non si trova in questi capitoli, questo è vero, ma neppure il nome di qualsiasi altro individuo è presentato come autore in questi capitoli, quindi non è un ragionamento che porta gran peso. Poi si dice che lo sfondo di questi capitoli è l’esilio babilonese e che Isaia non avrebbe potuto scrivere questi capitoli perché non poteva sapere nulla della cattività babilonese. 

    00:20:37 

    Poi si dice che lo stile in cui sono scritti questi capitoli è diverso da i capitoli precedenti. 

    00:20:45 

    Ora, appena il ragionamento ha preso posi ha preso diciamo forza è diventato ovvio che se uno sosteneva che a causa dello sfondo babilonese Isaia non avrebbe potuto scrivere questi capitoli, allora non poteva scrivere neanche molti degli altri capitoli. Se vediamo per esempio il capitolo 13 e credo sia stato rosen Miller, il primo ad evidenziare questo punto, il capitolo 13 è intitolato. 

    00:21:15 

    Il peso di Babilonia visto da Isaia, figlio di. 

    00:21:20 

    Bene, questo è un capitolo a sfondo babilonese e lo stesso vale per il capitolo 14. Allora, se Isaia non poteva essere autore dei capitoli dal 40 al 66, non avrebbe neanche potuto scrivere i capitoli 13 e 14 e, una volta messo in moto questo ragionamento, ci si è rivolti ai capitoli. Dal 24 al 27, che secondo la critica sono un apocalisse e. 

    00:21:46 

    Sostenevano che le idee sviluppate in quei capitoli erano troppo progressive per il giorno. 

    00:21:52 

    Maria, dunque Isaia non poteva essere autore neanche di quei capitoli, allora le cose vanno avanti così. Il secondo Isaia, si inizia a. 

    00:22:03 

    Definire si inizia a dire che il secondo Isaia era il più grande di tutti i profeti, George Adam Smith, ha scritto nel suo commentario su Isaia e ha raccolto, credo quella che era il consenso. 

    00:22:17 

    Ha scritto un elogio fantastico riguardo all’opera di questo, secondo Isaia e molti altri elogiavano il secondo. Isaia, sembra che la posizione era questa, Isaia stesso sarebbe stato un profeta ordinario, sicuramente non uno dei più grandi, forse al alla pari di Amos o osea, ma non uno dei profeti più grandi. Però l’autore di questi ultimi capitoli, dal 40 al 66, quello sì che era l’autore più grande mai visto in Israele. 

    00:22:49 

    E perché era così grande questo profeta? Bene, sarebbe stato un grande profeta perché era il primo nella storia del mondo che aveva chiaramente spiegato la dottrina del monoteismo in opposizione agli idoli della Babilonia. Lui aveva fortemente dichiarato che c’era un unico Dio e nessuno così ci viene detto, nessuno prima di lui aveva fatto una cosa simile. Allora i critici non avevano parole abbastanza lusinghevoli. Per questo, secondo Isaia. 

    00:23:20 

    Era l’apice, si potrebbe dire di un’evoluzione religiosa, il più grande di tutti i profeti. 

    00:23:26 

    E questo continua fino al 1892, quando qualcuno guasta le feste e questo è bernardù con il suo commentario. Ora ho visto di recente qualcuno che ha definito bernardum un teologo conservatore, ma questo non significa granché, perché per il metro usato al giorno di oggi basterebbe evitare il carcere per essere definiti cons dei teologi conservatori. 

    00:23:53 

    Doom dice che il secondo Isaia non era disse che il secondo Isaia non era mai stato in Babilonia e questo ha smontato tutto il ragionamento del secondo della teoria del secondo Isaia, questo individuo non era mai vissuto in Babilonia, anzi scriveva dalla Palestina e probabilmente dalla terra dei fenici, da qualche parte vicino al Libano. Ora dire che questo è stato sconvolgente è dir veramente poco. 

    00:24:20 

    Dunque andò oltre, disse che il secondo Isaia non scrisse tutti i capitoli dal 40 al 66, ma solo i capitoli dal 40 al 55. 

    00:24:29 

    Tutto qui per il secondo. Isaia continuava dicendo che quattro di questi capitoli, i quattro canti del servo, così li definiva. 

    00:24:40 

    Erano stati inseriti nel contesto in un’epoca successiva. 

    00:24:45 

    Questi capitoli erano presi da un antico libro di canti scritto circa 100 anni dopo le successive, all’epoca del secondo Isaia e questi capitoli riguardavano un rabbino Lebbroso che era morto. Chi poteva essere questo rabbino? Non lo sa nessuno. 

    00:25:01 

    Ma a un certo punto un redattore. 

    00:25:04 

    Estrae questi capitoli dal libro dei canti e li inserisce nell’attuale contesto in secondo Isaia, allora una volta e per tutte dun distrugge l’idea della sofferenza. 

    00:25:19 

    Della propiziazione da parte del servo sofferente che doveva essere una delle grandi idee sviluppate dal secondo Isaia. 

    00:25:30 

    Bene e per quanto riguarda i capitoli dal 50 al 66 quei capitoli ci dice dunano opera di qualcuno che era vissuto in Palestina dopo la ricostruzione del tempio, quando iniziava a nascere il giudaismo. Questo autore che doomì Doom lo definisce il trito Isaia terzo Isaia, ora il libro di Doom è stato esplosivo, già lui aveva menzionato queste idee in altri suoi scritti, ma il Commentario suo è uscito nel 1892. 

    00:26:05 

    E da allora non voglio farvi ora tutta la storia della critica. 

    00:26:09 

    Ma dai giorni di Doom quasi tutti hanno accettato questa teoria di tre dei tre Isaia. 

    00:26:17 

    Ma come vi ho detto prima, questo non significa che ci sarebbero stati tre autori, Doom forse credeva qualcosa di simile. Altri come heygar, per esempio, hanno scritto riguardo al terzo, Isaia, parlando anche della sua personalità, secondo me con una totale mancanza di humor e dimostrando che ci sarebbe stato questo terzo Isaia secondo e anche un primo, Isaia. 

    00:26:41 

    Via, ma credo che la posizione più condivisa al giorno di oggi da persone che hanno un pensiero creativo e investigano questo soggetto, è una cosa di questo genere. Il libro di Isaia in realtà è una sorta di biblioteca di letteratura profetica. Isaia avrebbe scritto qualche cosa nella prima parte del libro, ma una gran parte dei capitoli sono opera di altri e sono stati inseriti in epoche successive o. 

    00:27:12 

    Zepoli o da altri? 

    00:27:15 

    Che hanno han scritto delle note nel Libro in epoche successive, poi, è stato inserita la seconda parte, i capitoli dal 40 al 55, che sono opera di un unico autore che ha scritto con uno stile simile a quello di Isaia, anche imitandolo. E poi i discepoli di questo secondo autore. 

    00:27:37 

    Avrebbero aggiunto qualcosa qui e lì e poi, dopo tanto tempo, il terzo, Isaia, più o meno nello stesso modo, viene aggiunto ai capitoli precedenti. 

    00:27:49 

    Quindi ci sono tanti frammenti e credo che questo è più o meno l’opinione condivisa, se c’è un’opinione comune. 

    00:27:58 

    Un libro uscito di recente che riguarda il secondo Isaia, e sostiene una posizione molto simile a quella di Doom. Per questo questa parte del libro e riguarda solo i capitoli dal 40 al 55. 1 altro libro però, intitolato Storia e profezia, nel secondo Isaia opera del professor Smart di Union Suminary, dimostra secondo me un po di creatività in più. 

    00:28:23 

    E per secondo Isaia, il professore Smart intende tutti i capitoli dal 40 al 66 e aggiungerebbe anche il capitolo 35. E lui sostiene che tutto questa parte del libro è un’unità e credo che sviluppa dei buoni ragionamenti. Per questo questa unità allora c’è qualche segno che questa posizione o teoria dei tre Isaia inizia a perdere terreno? 

    00:28:51 

    E le persone ora non sanno che spiegazione darsi, sicuramente non diranno che Isaia è l’autore dell’intero libro. Perché dire questo veramente richiederebbe il credere in nelle profezie predittive e. 

    00:29:05 

    Non non posso che pensare che, poiché Isaia è così ricco di profezie messianiche, più di qualsiasi altro libro, proprio per questo il libro è soggetto a così tanta critica. 

    00:29:18 

    Ora possiamo noi credere che Isaia è opera di un unico autore o dobbiamo condividere queste teorie di un secondo, 1/3 Isaia. 

    00:29:30 

    Vorrei a questo punto evidenziare le difficoltà con la teoria del secondo del terzo, Isaia abbiamo visto i rotoli del Mar Morto, una copia completa del libro di Isaia che risale al secondo secolo a.C. 

    00:29:45 

    Abbiamo visto che tra i rotoli del Mar Morto è stata trovata una copia completa di Isaia e che questa risale al secondo secolo a.C. 

    00:29:55 

    Ora, se Isaia stesso non e stato uno dei più grandi profeti, se il presunto secondo isaier è il più grande di tutti i profeti e c’è chi ancora dice cose di questo genere, bene, se le cose stanno così, com’è che questo Libro è arrivato nella forma attuale? 

    00:30:12 

    È stato attribuito a questo libro il nome di Isaia e perché il nome del secondo Isaia è stato perso completamente, al punto che non sappiamo neanche chi fosse. Non sappiamo nulla di un secondo Isaia, possiamo solo tirare a indovinare. 

    00:30:27 

    Com’è allora che il Libro sia arrivato nella forma attuale? Ora non è mai stata presentata una risposta soddisfacente a questa domanda e non so se vale la pena prendere in considerazione i tentativi di fatti per rispondere a questo dilemma, ma. 

    00:30:44 

    È una domanda che tutti dovrebbero considerare, com’è che il Libro è arrivato nella sua forma attuale e perché il nome di Isaia? 

    00:30:55 

    Collegato con questo libro e perché è il nome di un presunto secondo, Isaia è stato perso completamente. 

    00:31:05 

    Il nuovo testamento, infatti, cita da ogni parte di Isaia e attribuisce tutto questo alla persona Isaia, come cristiani la questione finisce lì, quando il nuovo testamento si dichiara su una domanda, non c’è altro da aggiungere? Per noi è finale quando il nuovo testamento dice Isaia osò dire, questa è una affermazione veritiera. Quanto quando il nuovo testamento dice, Cristo morì per i nostri peccati secondo le scritture. 

    00:31:35 

    Se una delle due non è vera, allora come S ci si può fidare dell’altra? 

    00:31:40 

    Quindi la vera domanda, in tutto questo è se ci fidiamo o meno del nuovo testamento, possiamo noi fidarci di quanto dice il nuovo Testamento? Ma torniamo a esaminare più attentamente questo questo tema. Ci sono buoni motivi per credere che Isaia è stato l’autore del libro che porta il suo nome. Anzitutto un gran numero di brani in Isaia 34 e nella parte finale del libro. Vengono poi ampliati in Geremia Sofonia e naum. 

    00:32:17 

    Ora l’unico modo per schivare la forza di questo ragionamento è dire che Geremia deve aver scritto per primo e i brani in Isaia sono stati sviluppati dopo il tempo di Geremia, ma ci sono buoni motivi per credere che le cose non sono andate così. In quasi ogni caso, quando facciamo il confronto tra i due e io ho fatto questo. Per la Westminster Theological Journal lo sviluppo delle idee si vede chiaramente in Geremia o nelle altre profezie, ma non in Isaia. 

    00:32:48 

    È chiaro che Jeremy. 

    00:32:49 

    Mia parte con le sue affermazioni da quanto scritto in Isaia, ora Geremia più di tutti gli altri profeti, fa riferimento alle ai profeti che l’hanno preceduto nella storia B della Bibbia fa riferimento a michea per nome, e lui parla delle persone che sono venute prima di lui. Usa materiale precedente. 

    00:33:10 

    Niente. Il ministero di Geremia è un applicare nella propria vita i principi che sono stati pronunciati da Isaia. Allora abbiamo questi brani tipici di Isaia dalla parte finale della profezia, che vengono poi usati in Geremia e anche in alcuni degli altri profeti. Questo secondo me dovrebbe escludere la possibilità di un secondo Isaia. 

    00:33:34 

    Franz Delic, uno studioso tedesco, una persona di mente molto indipendente che ha spesso cambiato posizione su numerose questioni e non sembra mai essere arrivato a una posizione finale. 

    00:33:47 

    Che disse che sarebbe morto senza sapere con certezza chi fosse l’autore del libro di Isaia. 

    00:33:55 

    I critici sostengono che lui in realtà negava che Isaia fosse l’autore. Io non credo che le cose stavano così, ma sembra non essere arrivato AA una dichiarazione, non era non essere pronto a una dichiarazione. 

    00:34:11 

    Conclusiva de lich, che cambiava spesso posizione, per esempio su chi fosse il servo del Signore. 

    00:34:19 

    Esaminò questo tema in particolare e troveremo il suo studio in appendice al commentario di Drexter il. 

    00:34:27 

    È che è scritto in tedesco e non credo che sia mai stato tradotto, ma delic, esamina, mette a confronto questi brani e esamina le possibilità. 

    00:34:40 

    In conclusione, dice che la dipendenza non è di Isaia, ma piuttosto degli altri profeti, e se noi guardiamo questo materiale sviluppato da delitch e sembra che pochissimi l’abbiano fatto, noteremmo che ha un ragionamento veramente importante per quanto io ne sappia, questa è una domanda completamente ignorata dalla critica. L’unica risposta che è stata data al mio articolo da un critico tedesco è stato questo, se tu hai dei preconcetti troverai delle risposte facili. 

    00:35:13 

    Beh, va bene, tutti noi abbiamo dei preconcetti e loro hanno preconcetti quanto noi e sembra che trovano sempre delle risposte che corrispondono ai loro preconcetti. Mi piacerebbe però che riconoscessero questa questione dei preconcetti e dichiariamo apertamente in qua con quali ragionamenti siamo. Ci stiamo lavorando. Io credo che noi dobbiamo fare questo. Credo che l’apologetica cristiana deve svilupparsi così. 

    00:35:44 

    Senz’altro abbiamo dei preconcetti e una volta che abbiamo dei preconcetti, non c’è da vergognarsi. 

    00:35:50 

    La domanda è se i preconcetti sono validi, se il nostro preconcetto è che Dio, il Dio della Bibbia, ha parlato all’uomo, allora non abbiamo di che preoccuparci se il preconcetto, piuttosto che la Bibbia, è solo opera di un uomo e non di Dio, in nessun in alcun senso particolare. Bene, allora uno potrebbe trattare la Bibbia come un libro qualsiasi. 

    00:36:15 

    E renderla serva delle proprie teorie. 

    00:36:18 

    Quale? Ma quello che voglio dire è questo, io non sono contrario al fatto che qualcuno dice che io ho dei preconcetti, io ce li ho, so di averli e vorrei solo però che chi attacca la fede cristiana riconosca i propri preconcetti e il fatto che i propri ragionamenti si fondano su quei preconcetti, se solo riconoscessero questo, comunque, questo è un ragionamento molto importante, io vi incoraggio di approfondire. 

    00:36:46 

    Prendete il libro di Geremia nelle vostre bibbie e guardate i riferimenti incrociati, trovate tutti i riferimenti al libro di Isaia e mettete a confronto le i due. Credo che troverete che uno studio di gran valore e che stimola. 

    00:37:03 

    Bene, arriviamo a Isaia. 

    00:37:07 

    Voglio evidenziare1.in particolare prima di parlare della profezia per intero si è spesso detto che c’è una differenza di stile nella seconda parte, precisamente nei capitoli dal 40 al 48, c’è un cambiamento di stile, lo stile cambierà ancora leggermente nei capitoli dal 55 fino alla fine, ma amici miei, il modo in cui scriviamo lo stile cambierà in base al tema. 

    00:37:35 

    Sul quale stiamo scrivendo. Se Isaia poi pronunciò oralmente le profezie della prima parte del libro, sicuramente lo stile sarebbe stato diverso. Questa idea ce l’ho fresca in mente perché ho da poco visto una copia di cose che ho detto qui e credetemi, lo stile orale è molto diverso dallo stile scritto e sono molto grato alle persone che. 

    00:38:00 

    Correggeranno quanto detto per tirarne fuori un inglese ragionevole. 

    00:38:06 

    Quello che uno dice è molto diverso da quello che uno scrive con cura, se Isaia pronunciò oralmente quelle profezie, sicuramente ciò spiegherebbe la forza e il vigore. 

    00:38:20 

    Di queste profezie e abbiamo buoni motivi per credere che gli ultimi capitoli sono stati pronunciati dopo che Isaia si è ritirato dal ministero. 

    00:38:31 

    E che la lo spirito della profezia ha visto poi il futuro del popolo di Dio. 

    00:38:38 

    E voglio approfondire questo tema. Poi, nel pomeriggio che Isaia scrisse queste profezie mise queste profezie per iscritto. 

    00:38:49 

    Ora non solo è cambiato il tema, ciò di cui sta scrivendo Isaia, ma anche la situazione in cui vengono scritti questi capitoli è diversa e ci sono anche altri fattori che dovremmo considerare. 

    00:39:04 

    Se queste parole vengono da Isaia, dopo il suo ministero attivo che doveva il. Il ritiro dal ministero dovrebbe essere dopo il 701 AC. Mentre avrebbe iniziato come minimo nel 739 a.C. Allora sicuramente Isaia è una persona molto più anziana e molto più matura e le cose che lui scrive come anziano necessariamente avranno uno stile leggermente diverso da quelle. 

    00:39:33 

    Detto quello, stile che avrebbe usato da giovane, se noi continuiamo a scrivere col tempo il nostro scrivere dovrebbe migliorare, cambiamo con l’età e il nostro stile migliora. Noi non scriviamo oggi come avremmo scritto da adolescenti, almeno credo di no. Impariamo qualcosa col tempo. 

    00:39:56 

    E questo potrebbe spiegare perché c’è una differenza di stile, ma questa idea di una differenza di stile è stata esagerata. 

    00:40:05 

    Anche Rudolph Keatle, che sicuramente non è uno che difende l’idea che Isaia sia l’autore, credeva che il secondo Isaia, così lui lo chiamava, aveva imitato o cercato di copiare lo stile del primo Isaia. 

    00:40:22 

    Si è notato che molte fra ci sono molte frasi in Isaia che troviamo solo nel libro di Isaia, da nessuna altra parte nell’Antico Testamento. Una frase che sembra unire tutta tutto il libro. È questa, il Santo d’Israele Isaia vide il Santo nel Tempio e rimase così colpito dalla Santità di Dio che parla di lui sempre come il Cadosh Israel. 

    00:40:50 

    Il Santo d’Israele, questa frase si USA. 

    00:40:54 

    Viene usata un numero quasi identico di volte nei capitoli dall’uno al 39 e nei capitoli dal 40 al 66. 

    00:41:04 

    Al di fuori di questo si trova in alcuni brani in Geremia che si basano sulle profezie di Isaia, ma il gran numero di questi di questi riferimenti il maggior numero si trovano nel prof. Nel libro di Isaia. 

    00:41:20 

    Ci sono poi delle frasi, degli abbinamenti di parole che si trovano nelle due parti di Isaia, ma da nessun’altra parte nell’Antico Testamento. 

    00:41:28 

    E non solo una o due, ma numerose fiumi nel deserto, per esempio. 

    00:41:37 

    Fanciullo, la parola ta alulim per fanciulli si trova solo in Isaia, nelle due parti e da nessuna altra parte. 

    00:41:48 

    Il signore la bocca del Signore ha parlato la parola dice. 

    00:41:56 

    Il mio popolo dice il vostro Dio. Normalmente in ebraico questa parola si pronuncerebbe, io Mer in Isaia. In tutto il libro si scrive Iomar e la A è tipica di questa profezia, un po di tempo fa una signora Mi. 

    00:42:14 

    Inviò un libro che lei aveva intitolato L’Isaia indivisibile ed era stato tradotto dal dall’ebraico. Questa signora aveva dedicato anni per dimostrare che certi abbinamenti di verbi di sostantivi e così via e l’uso di certi verbi con una certa sfumatura di significato è l’uso di certi sostantivi. Sono tipici delle due parti di Isaia, ma non si trovano da nessuna altra parte nell’Antico Testamento. 

    00:42:41 

    Tanto. E se qualcuno ha ancora qualche dubbio su questa domanda, comprate quel libro e esaminate questi riferimenti, ora, se potete studiarli in ebraico, tanto meglio perché si non si può fare tantissima strada in inglese, ma basta esaminare questi riferimenti e noterete quante sciocchezze sono state pronunciate riguardo allo stile di Isaia. 

    00:43:06 

    È semplicemente impossibile pensare che più di una persona abbia scritto questo libro a meno che uno sostiene che qualcuno ha dedicato l’intera vita per copiare, imitare banalmente la prima parte del libro. 

    00:43:21 

    Ma a quel punto potremmo spiegarci l’uso di queste combinazioni di parole nella seconda parte di Isaia, che sono identiche alla prima, ma il problema è che è chiaro che la seconda parte di Isaia non è un’imitazione in alcun senso, è originale. 

    00:43:40 

    E c’è un un’originalità bellissima, allora non ci aiuta questa ipotesi. Il fatto sta che c’è un vocabolario unico che si trova in questo libro e da nessun’altra parte nell’Antico Testamento. 

    00:43:53 

    Ma credo che il ragionamento più forte per l’unità del libro è proprio il messaggio del libro e ora vi chiedo solo un attimo, mentre esaminiamo il il messaggio del libro per intero. Ovviamente riconosco che ci sono dei punti interrogativi, ma considerate il messaggio del Libro nel primo capitolo il profeta sviluppa in forma embrionale tutto quello che dirà successivamente. 

    00:44:21 

    Se voi esaminate il primo capitolo, troverete che si divide in quattro parti, ognuna di queste parti viene in aperta da un appello al signore e il signore parla, per esempio udite a cieli e tu terra presta orecchio, poiché il signore parla. 

    00:44:40 

    E poi ancora nella seconda parte, ascoltate la parola del Signore capi di Sodoma, pressate, orecchio alla legge del nostro Dio, popolo di Gomorra. 

    00:44:52 

    Poi, nella terza parte il capitolo inizia la terza parte del capitolo inizia così, venite e discutiamo, dice il signore. E nella quarta parte il versetto 24 le parole poi, perciò il signore, il Dio degli eserciti, il potente d’Israele, dice. 

    00:45:13 

    Dopo di questo, Isaia descrive il signore con un gran numero di termini e in questo primo capitolo troviamo in forma embrionale tutto quello che di cui il profeta vuole parlare. È veramente un capitolo straordinario. 

    00:45:28 

    Ricordo da studente in seminario che leggendo 1 1 quotidiano La sera. 

    00:45:37 

    Ho visto un articolo riguardo la morte di uno studioso tedesco che aveva dedicato l’intera vita al primo capitolo di Isaia. Ora non mi ricordo il suo nome. 

    00:45:45 

    Ma l’editore del del giornale aveva criticato questo studioso a grandi linee, dicendo che c’erano altri capitoli nella Bibbia. 

    00:45:54 

    E lasciando intendere che lo studioso aveva sprecato il suo tempo con questo unico capitolo, non mi ricordo chi fosse quello studioso, ma devo dire che empatizzo con lui perché più studio questo capitolo più mi sembra meraviglioso. 

    00:46:12 

    Una volta che ti innamori di questo capitolo e di è difficile lasciarlo andare. 

    00:46:18 

    Comunque qui il profeta presenta in forma embrionale tutto quello che vuole dire successivamente. 

    00:46:26 

    Ora il ministero del profeta inizia l’anno della morte di del Reuzia. Questo non significa necessariamente che che la visione è stata ricevuta dopo la morte diuzia, ma in quell’anno e quindi lui ha profetizzato durante il Regno di Uzia di Iotam, di Akaz e di. 

    00:46:46 

    I capitoli dal due al quattro è possibile che siano stati pronunciati durante i regni di uzia e yotom. Ora se noi esaminiamo questi capitoli, vediamo che sono un’unità. Il capitolo due apre subito con un quadro di pace universale e questo è il tema S il tema fondamentale della profezia di Isaia, la pace di Dio per il suo popolo. 

    00:47:12 

    La pace che Dio dona al suo popolo e. 

    00:47:15 

    Qui ci viene detto che il Colle del Signore sarà innalzato al di sopra di tutti i Colli e i popoli andranno al signore e il risultato sarà che le persone non impareranno più la guerra e batteranno, cambieranno le loro spade. 

    00:47:30 

    In aratri e le loro lance in vomeri. 

    00:47:35 

    Dopo di questo? 

    00:47:37 

    Isaia parla al popolo, evidenzia il suo, il loro peccato e poi introduce il secondo tema principale, quello del giudizio, e dice che viene un giorno il giorno del Signore degli eserciti e che questo giorno coprirà ogni cosa. 

    00:47:55 

    Che all’occhio dell’uomo è elevata. 

    00:47:59 

    Chiude poi questo secondo capitolo con quella frase straordinaria, smettete di confidarvi. Nell’uomo nelle cui narici non c’è che un soffio. Infatti, quale importanza gli si potrebbe attribuire? Nel terzo capitolo, Isaia ci dimostra che a causa del peccato del popolo arriverà presso un giudizio e lui nomina alcuni di questi peccati in particolare. 

    00:48:25 

    Le ricchezze delle donne che si potrebbe dire si trovano, adagiate in Sion e non si preoccupano dell’opera del Signore. Continuando al capitolo quattro di nuovo vediamo un quadro di. 

    00:48:37 

    Ma ora Isaia fa un passo in avanti e collega questa pace con un individuo, il germoglio del Signore. Questo è il primo riferimento messianico della profezia nel capitolo 5 riprende il tema aprendo con una parabola bellissima, dove dimostra che Dio ha fatto quanto possibile per la nazione di Israele. Ma Israele si è ribellata e poi elenca i tanti peccati di Giuda e Israele. E per chiudere poi il quinto, capito? 

    00:49:05 

    Presentando ancora una volta il secondo tema fondamentale, quello del giudizio, ma ancora una volta è più c’è, più precisazione e ora collega questo giudizio con l’arrivo di un esercito che che è l’esercito assiro. 

    00:49:21 

    Allora Isaia ci ha presentato i suoi temi fondamentali, ora si inizia a parlare della persona Isaia e vediamo la sua visione nel tempio. Questo capitolo non solo ci presenta la persona e il suo messaggio, ma ci prepara per le profezie messianiche che seguiranno nei capitoli successivi. 

    00:49:40 

    Isaia Isaia, viene detto che lui predicherà un popolo incallito e questo inizierà subito dopo, quando parlerà con akads. Lui predica al re e re si rifiuta di ascoltarlo. Akads vorrebbe chiedere aiuto agli assiri in opposizione. Isaia, come abbiamo visto ieri. 

    00:50:01 

    Presenta la nascita del re Messianico, poi le profezie. 

    00:50:07 

    Del Messia si intervallano con riferimenti al alla presenza degli assiri. La terra è la terra di Emanuele, ma la terra è stata. 

    00:50:18 

    È stata coperta da un uccello rapace. La potenza degli assiri, dopo aver presentato la forza degli assiri, Isaia dichiara che presenta ancora una volta la nascita del Messia in termini ancora più espliciti e parla ancora di lui. E poi continua a dire che gli assidi verranno a Gerusalemme e lui sembra Inter. 

    00:50:40 

    A fare avanti e indietro tra il tema del Messia e del giudizio, cioè tra la pace e il giudizio, e chiude poi con quella profezia meravigliosa del capitolo 11 che riguarda il Regno del Messia. E tutto questo brano chiude con un canto di lode. Il canto che troviamo nel capitolo 12. 

    00:51:01 

    Ora questo è fondamentale perché gli assiri avrebbero stabilito un Regno globale che avrebbe inondato il Regno di Dio. Quindi Isaia va subito al dunque e nei capitoli 13 e 14 dimostra che re babilonese, che a cuore il nemico del popolo di Dio sarà distrutto. 

    00:51:23 

    Ora non lasciatevi dire che questo capitolo 13 non può essere opera di Isaia, perché ci sono più frasi tipiche di Isaia in quel capitolo che in qualsiasi altro capitolo della profezia. 

    00:51:35 

    E se qualcuno crede che Isaia non poteva sapere nulla della Babilonia nel 52.952 è stato trovato un’iscrizione di sargo nel secondo, risalente al 710 AC. Che è più o meno all’epoca di Isaia. 

    00:51:53 

    E questa iscrizione parla della caduta di Babilonia con un linguaggio che è quasi simile a quello del capitolo 13, quindi non lasciatevi dire che Isaia non avrebbe potuto pronunciare queste parole. 

    00:52:09 

    Poi, dopo i capitoli 13 e 14, il profeta dimostra che gli assiri avrebbero conquistato le nazioni. 

    00:52:17 

    Moni MOAB viene nominato e lui piange per mob, perché perirà? Damasco e gli altri? E poi un gran numero di regni piccoli come Duma ed Hom Arabia e poi la potenza marittima. Tiro e tutto questo chiude con i capitoli dal 24 al 27. 

    00:52:38 

    Isaia va oltre quello di cui ha parlato. 

    00:52:42 

    Nuovo unisce tutto con i temi del giudizio e della pace. 

    00:52:47 

    E queste sono alcune delle profezie più belle di pace e di benedizione e alcuni delle parole di giudizio più pesanti e l’enfasi è su MOAB come esempio di una nazione che sarà giudicata. 

    00:53:02 

    Ancora una volta i critici dicono che queste sono di idee troppo avanzate per l’epoca di Isaia, ma ancora una volta ogni versetto in questo capitolo è ricco di espressioni tipiche di Isaia. Come possiamo spiegarci questo? Questo fatto? Ora uno studioso ha detto che è evidente che queste parole sono state scritte da qualcuno che voleva. 

    00:53:27 

    Imitare il profeta Isaia, ma se le cose stanno così, allora secondo me sembra molto più semplice riconoscere che Isaia stesso le ha scritte. Cosa intendiamo per. 

    00:53:40 

    Cosa si intende quando si dice che queste sono idee, idee troppo avanzate? Per Isaia vogliamo dire che lo spirito di Dio non avrebbe potuto rivelare a Isaia queste idee o intendiamo che in una scala di evoluzione dello sviluppo umano queste idee sono troppo premature? 

    00:54:00 

    È quello che intende la critica, ma se vediamo come si uniscono perfettamente queste profezie con questi capitoli, con il resto della profezia, durante il Regno di Acaz, allora possiamo capire perché sono parole di Isaia. 

    00:54:19 

    Si arriva poi al al periodo di ezechia, l’alleanza con gli assiri è stata fatta e le cose non stanno andando bene. Il popolo vorrebbe andare a chiedere aiuto in Egitto e Isaia deve evidenziare la follia di questo gesto. Lui gli avverte contro questa politica. 

    00:54:38 

    E chiude questo ancora una volta chiude questo questa parte con i capitoli 34 e 35 che sono simili ai capitoli dal 24 al 27 presentano ancora una volta i temi di giudizio e di pace. Questa volta l’enfasi è su Edo come nazione soggetta al giudizio, così come nella parte precedente. Moab era l’esempio di nazione che viene giudicata. 

    00:55:05 

    Ora le parole di Isaia iniziano a crescere, come se salissero per dei gradini e superano il periodo degli assiri per parlare della cattività babilonese. Abbiamo quindi quattro capitoli che servono da ponte, da i capitoli dal 36 al 39, in cui il 36 e il 37 guardano dietro il periodo degli assiri, mentre il 38 e il 39 guardano avanti al periodo babilonese. E c’è questa profezia. 

    00:55:36 

    Esplicita nel 39 che dice che il popolo andrà in cattività in Babilonia. 

    00:55:43 

    Il capitolo 39 chiude con questa triste nota e questo è lo sfondo per le parole di consolazione del capitolo 40. In altre parole, se noi abbiamo i capitoli dall’uno al 39 in isolamento, crescono, sembrano arrivare verso un finale, ma poi non c’è alcuna chiave per comprenderli. 

    00:56:06 

    Se invece prendiamo i capitoli dal 40 al 66 in isolamento, divorziandoli da quello che è venuto prima, bisogna chiedersi perché sono stati scritti consolate il mio popolo, perché cos’è successo? Ma vediamo come si uniscono benissimo il pensiero del capitolo 39, la profezia della cattività con confor Consolate il popolo perché ci sarà liberazione. 

    00:56:34 

    È come voglio dimostrarvi oggi pomeriggio questi capitoli sono capitoli di consolazione, hanno uno sfondo babilonese e Isaia parlerà di Ciro dicendo che Cir, Dio si userà di Ciro per liberare il popolo. La profezia di Ciro si trova nel capitolo 44 e viene scritta presentando Ciro come una persona che arriverà nel futuro. Distante non è presentato come contemporaneo, cosa che vorrebbe dire la critica. 

    00:57:06 

    Quello che Isaia sta dicendo. 

    00:57:09 

    È che il popolo qui si trova in schiavitù spirituale e che c’è solo uno che può liberarli da quella schiavitù. E questo è il servo del Signore. 

    00:57:20 

    Allora la prima parte di Isaia ci parla della del Messia come persona, mentre la seconda parte ci parla dell’opera del Messia e la profezia poi chiude, dimostrando che. 

    00:57:31 

    All’interno di Israele stesso c’è una divisione, non tutti che portano il nome di Israele sono Israele, ma solo gli eletti. I giusti saranno salvati mentre i malvagi periranno. Questo è il tema di questi capitoli, non c’è pace, dice Dio dice il signore per i malvagi, per l’empio. 

    00:57:53 

    Quindi abbiamo queste tre divisioni, ma vediamo che c’è un’unità nel libro di Isaia e troppo spesso i critici sembrano Eh. Scegliere un versetto qui o lì e volerne parlare in isolamento, senza vedere tutto il contesto. Ma se noi vediamo il contesto, vediamo che questa è tutta opera di un’unica mente. Questo è un libro messianico e può solo essere opera di un’unica persona. Quella persona è stata Isaia, il figlio di Amoz. 

  • Quando è vissuto Geremia?

    Quando è vissuto Geremia?

    Data di riferimento: 586 a.C.

    Popoli: Babilonia, Egitto, Giuda

    Profeti/Profetesse: Culda, Geremia, Ezechiele, Daniele

    Reperti importanti:

    Sintesi:

    Tra le rovine di epoca babilonese a Gerusalemme ci sono abbondanti testimonianze della devastazione subita dalla città per mano di Nabucodonosor e del suo esercito. Ma i veri tesori per lo studioso credente sono i reperti che validano le descrizioni estremamente dettagliate del profeta Geremia. Oggi è dimostrabile, per esempio, che Geremia conosceva i nomi dei vari ministri del re di Giuda perché i sigilli di questi stessi ministri (recanti i loro nomi e i nomi dei loro padri) sono stati trovati tra le rovine della zona amministrativa della città. Ciò dimostra oltre ombra di dubbio ragionevole che il profeta era presente al momento della caduta della città; non sarebbe altrettanto ragionevole, infatti, credere che una persona che non fosse intimamente informata dei fatti avrebbe potuto (o voluto) recuperare così tanti nomi di personaggi minori: anche perché con la caduta della città queste informazioni sarebbero presto state cancellate dalla storia. Ma fissare le profezie di Geremia saldamente nel periodo del secondo tempio ha anche un effetto a catena sulla datazione delle fonti che Geremia cita, o a cui fa riferimento, la legge di Mosè o le profezie di Michea, per esempio. Abbiamo quindi ancora un altro motivo per riconoscere che questi testi sacri erano presenti e conosciuti dagli abitanti di Gerusalemme ben prima dell’esilio – cosa che alcuni critici negano.

  • Quando è vissuto Daniele?

    Quando è vissuto Daniele?

    Data di riferimento: 539 a.C.

    Popoli: Babilonia, Media + Persia

    Profeti/Profetesse: Daniele: seguito da Aggeo, Zaccharia, Ester, Malachia

    Reperti importanti:

    Altre risorse utili: Difesa della paternità di Daniele (E. J. Young)

    Sintesi:

    Capita spesso, volendo approfondire la conoscenza della scrittura con l’ausilio della storia e delle altre scienze, di imbattersi in informazioni incomplete e apparentemente in contrasto con la scrittura. La storia del confronto tra il capitolo 5 di Daniele e le crescenti informazioni ottenute da fonti extrabibliche offre una lezione importante in questo riguardo. Per lunghi anni, infatti, si è ritenuto che il testo di Daniele fosse in contrasto con le principali fonti extrabibliche che davano Nabonedo, e non Belshazzar, come ultimo re di Babilonia. Tra la metà del 1800 e i primi decenni del 1900 sono emersi il “Cilindro di Nabonedo” che confermava l’esistenza di Belshazzar, la “Cronaca Persiana” che accennava la autorità militare del primogenito di Nabonedo, numerose tavolette aministrative che suggerivano una co-regenza tra Nabonedo e Belshazzar e, infine, il “Racconto Persiano in Versi” con la sua spiegazione che nel corso del suo regno Nabonedo affidò ogni cosa, compresa la regalità, a suo figlio prima di partire per un lungo viaggio.

    La precisione del capitolo 5 [di Daniele, NdT] è paragonabile a quella della letteratura cuneiforme riguardo a questi eventi. I punti di eccellenza del racconto biblico sono: la presenza del nome Belshazzar, la regalità di Belshazzar, la realtà di una doppia sovranità nel regno. I documenti babilonesi del sesto secolo a.C. confermano la correttezza di questi tre elementi. I testi scritti sotto il governo persiano sempre nel sesto secolo non conservano il nome Belshazzar ma testimoniano della grande autorità del principe erede. Due grandi storici greci del quinto e quarto secolo non nominano Belshazzar e offrono solo indizi vaghi sulla reale situazione politica nel regno di Nabonedo. Annali in lingua greca da circa l’inizio del terzo secolo a.C. al primo secolo a.C. non nominano in alcun modo Belshazzar né offrono indizi riguardanti il livello di potere che deteneva al momento della caduta dell’impero neobabilonese. La totalità delle informazioni disponibili in tutti i documenti che sono posteriori rispetto ai documenti cuneiformi del sesto secolo d.C. e anteriori rispetto a Giuseppe Flavio nel primo secolo a.C. non avrebbero potuto fornire all’autore le informazioni necessarie per una descrizione accurata del contesto storico di Daniele 5.

    Dougherty, Nabonidus and Belshazzar, 1929 p. 200

    Dalla scoperta che Belshazzar era figlio di Nabonedo per il lettore moderno può nascere il dubbio “Perché Daniele si rivolge a Belshazzar come ‘figlio’ di Nabucodonosor?” Bisogna sapere infatti che nelle lingue semitiche, tra cui l’ebraico, l’uso di termini come padre/figlio è molto diverso dal senso che hanno queste parole in italiano – basti pensare che parole come “nonno” o “bisnonno” non esistevano. Versetti come “Belshazzar ordinò che portassero i vasi d’oro che Nabucodonosor, suo padre, aveva preso dal tempio di Gerusalemme” sottolineano il nesso tra Belshazzar, che usa in modo indegno i vasi del tempio, e il suo lontano ma non lontanissimo predecessore che aveva saccheggiato il tempio circa cinquanta anni prima. L’uso di termini come padre/figlioin contesti come questo è attestato sia nella bibbia, quando Eliseo usa l’espressione “padre mio” nei confronti di Elia, suo predecessore, sia nell’Obelisco nero di Salmaneser – una fonte assira che si riferisce a Ieu, re d’Israele, con l’appellativo “figlio di Omri” (Ieu è stato protagonista di un colpo di stato contro la dinastia di Omri).

  • Paternità del libro di Daniele

    Paternità del libro di Daniele

    Relazione del professore Edward Joseph Young in difesa della paternità del libro di Daniele.

    Il libro di Daniele si trova ancora una volta in prima linea come punto di contesa tra coloro che considerano la bibbia l’innerante parola di Dio e coloro che hanno una veduta più liberale delle scritture oppure non credono affatto che la bibbia è la parola di Dio.

    Ora, nel leggere il Libro di Daniele, è inevitabile avere l’impressione che la figura predominante di questo libro sia Daniele stesso, che lui sia un personaggio storico, che lui si sia trovato realmente alla corte di Nabucodonosor, e successivamente di Baldassare, e che sia stato Daniele stesso a scrivere quanto gli viene attribuito.

    Abbiamo buon motivo per credere che Daniele sia stato l’autore di questo libro, che non è stato scritto ai suoi giorni per mano di un altro. Si può credere che Daniele stesso scrisse poiché Gesù dice, ‘Quando vedrete l’abominazione della desolazione di cui parlò Daniele il profeta’. Dunque quelle parole sono state scritte da Daniele.

    Bisogna considerare che il Libro di Daniele presenta un unità tale che, se è stato Daniele stesso a scrivere quelle parole, che si trovano al capitolo nove di Daniele, con un successivo riferimento al capitolo undici, se Daniele scrisse quelle parole allora è suo anche il resto a causa dell’unità del libro, una questione che approfondiremo meglio a breve.

    Dunque, la chiesa cristiana ha sempre sostenuto che Daniele è stato l’autore di questo libro. Tuttavia, è stata proposta una teoria alternativa che negava a Daniele la paternità del testo, e questa teoria alternativa è molto antica. Risale al terzo secolo della nostra era, quando un uomo di nome Porfirio nato a Tiro in Palestina, e allievo di Plotino ad Atene, scrisse 15 libri da lui intitolati, ‘Contro i cristiani’ (Κατὰ Χριστιανῶν). Tutti questi libri sono perduti con l’unica eccezione di una parte del dodicesimo libro, un commentario al libro di Daniele. Questa porzione è conservata nel commentario su Daniele di Girolamo. Ebbene, in questo commentario Porfirio afferma che il libro non è opera di Daniele stesso, poiché Daniele non avrebbe potuto conoscere il futuro.

    Bisogna sapere che Porfirio era nemico del cristianesimo, e Porfirio non credeva nella profezia predittiva, dunque afferma apertamente che Daniele non avrebbe potuto conoscere il futuro. Anche qui, provo nei confronti di Porfirio lo stesso sentimento che provo verso Wellhausen, lui non tentò di velare le cose affermando che questo ci portava a una più profonda rivelazione di Dio o cose di questo genere, semplicemente affermò apertamente che Daniele non poteva conoscere il futuro. Rinnegava dunque l’esistenza della profezia predittiva. Se un uomo sceglie di negare la profezia predittiva, ha il diritto di farlo. Chiedo soltanto che egli sia trasparente riguardo la sua posizione, e Porfirio è stato trasparente. Daniele non avrebbe potuto conoscere il futuro e, per questo motivo, egli negò a Daniele la paternità del libro.

    Trovo che la sua è stata una posizione molto netta, questo ci permette di entrare nei meriti della questione e discuterne. Per di più, Porfirio continua affermando che l’autore di Daniele era un ebreo del secondo secolo avanti Cristo, e che quando usò il nome di Daniele agì da falsario, cioè mentì. Il termine latino usato da Girolamo per questa affermazione è ‘mentiri’ che significa mentire, ed è questa la valutazione di Porfirio per l’azione che avrebbe commesso questo ebreo sconosciuto del secondo secolo a.C.

    Vi chiedo di esaminare con cura le ramificazioni di questa affermazione. Ci viene detto, come ho già spiegato stamattina, che la questione della paternità era di poco conto per l’epoca biblica e per l’antichità. Oggi un uomo scrive un libro e vi applica un copyright per garantire che il suo nome accompagnerà il testo e che nessun altro userà il materiale senza ricevere prima un autorizzazione. Ho un mio parere per quanto riguarda questa procedura, ma ad ogni modo, è così che vanno le cose oggi.

    Ci dicono, però, che le cose non sono sempre state così. Pare che gli antichi non avrebbero dato molto peso a quale nome veniva applicato a un libro, scrivevano e per dare maggiore autorità al testo vi applicavano il nome di qualcun altro. Questo ragionamento viene usato per dimostrare, per esempio, che Isaia non scrisse realmente il Libro di Isaia, il nome era in effetti privo di significato, e Daniele non avrebbe scritto Daniele, importava poco quale nome si applicava a un libro, e quindi gli autori di Deuteronomio avrebbero usato il nome di Mosè; ma questa era semplicemente un usanza della loro epoca, non ci sarebbe nulla di sbagliato. Bene questa è la superficiale argomentazione promossa oggi con l’intento di screditare l’autorità della bibbia. Ma esaminiamo un attimo la cosa è vediamo se ha valore.

    Possiamo citare a nostro favore Porfirio, dopotutto Porfirio è uno di questi antichi, e secondo Porfirio era di grande importanza la paternità di Daniele, dal momento che Porfirio dice che questo autore, che avrebbe usato il nome di Daniele, era stato un bugiardo. Mi pare evidente che Porfirio attribuiva alla paternità lo stesso significato che tu ed io applicheremo oggi. Secondo Porfirio questo presunto autore non avrebbe dovuto usare il nome di Daniele, farlo era semplice disonestà. Trovo che questa è una valida confutazione dell’idea che la paternità di un testo era di poco conto per gli antichi.

    Dovremmo sapere che certi Greci furono puniti piuttosto severamente per avere inserito delle frasi nei comizi che recitavano, avevano improvvisato, per così dire. Uno di loro ricevette una multa piuttosto salata mentre l’altro è stato bandito per quanto aveva fatto. Ciò sembrerebbe indicare che per gli antichi era abbastanza importante sapere chi aveva scritto un libro, chi affermava di averlo scritto. Vero è che in un brano, Giamblico credo che fosse, si complimentò con certi discepoli perché avevano scritto a nome di qualcun altro, a nome del loro maestro Pitagora, credo.
    Ma proprio i fatto che egli si complimentò con loro dimostra che questa non era l’usanza comune, se le così andavano sempre così allora non ci sarebbe stato motivo per complimentarsi con loro. Esiste poi l’appello ai testi pseudepigrafi, libri come Enoch e così via. Sappiamo che, come minimo, il terzo libro di Enoch è stato scritto da un tale rabbino, non credo ci fosse qualcuno che credeva che quelle fossero veramente le parole di Enoch, erano semplicemente state attribuite a lui come tecnica letteraria, ma questo testo non era considerato parola di Dio, ed è proprio quello il punto. Chiunque sia stato l’autore di questi testi in realtà non usò uno pseudonimo ma semplicemente riportava le parole di Enoch e così via.

    Credo che questo rappresenta quanto uno potrebbe dire per sostenere che la paternità non aveva importanza all’epoca. Paolo, vi ricorderete, dice ‘Vedete con che grossi caratteri vi scrivo, di mia mano.’ La paternità era importante per Paolo e Paolo applicava il suo nome a tutte le sue epistole. Credo sia estremamente difficile sostenere che la paternità non aveva importanza nell’antichità e che non sarebbe stato un plagio scrivere un libro applicandovi il nome di qualcun altro. Dopotutto, una cosa è sbagliata intrinsecamente, e se è sbagliato farlo oggi, allora è sempre stato sbagliato.

    Certo non sarebbe sbagliato usare uno pseudonimo per scrivere un romanzo, come credo fece George Elliot, non ha grande importanza perché non stai ingannando nessuno, stai scrivendo come forma di intrattenimento, è una cosa innocua e non inganna nessuno. Ma se scrivi un libro e lo definisci Parola di Dio, un libro che ha autorità religiosa, e lo fai usando il nome di qualcun altro per attribuirgli più autorità è tutta un altra storia, è una cosa disonesta. E se un ebreo sconosciuto del secondo secolo avesse usato il nome di Daniele per accrescere l’autorità del suo libro, allora a prescindere dal parere delle persone di quel epoca, avrebbe fatto una cosa disonesta. Porfirio avrebbe ragione: avrebbe mentito, avrebbe fatto una cosa disonesta. Ed è questa la debolezza fondamentale della prospettiva critica del libro di Daniele. Non vedo come si possa evitare questa conclusione. La prospettiva critica presuppone un atto di falsità, è questo il suo fondamento, e credo che dobbiamo ricordare che, se questa prospettiva fosse corretta, allora quando Gesù Cristo disse, ‘Quando dunque vedrete l’abominazione della desolazione, della quale ha parlato il profeta Daniele,’ commise un errore, è questa la conseguenza logica, non c’è scampo.

    Ed è per questo che la questione è importante. Bene, dai giorni di Porfirio, è cresciuta questa tesi, che il libro di Daniele sia stato scritto nel secondo secolo avanti Cristo e con uno scopo ben preciso. In quei tempi, come ricordiamo, l’impero Greco era stato diviso in seguito alla morte di Alessandro Magno. Per un tempo, l’impero passo ai suoi figli, successivamente fu spartito tra i suoi quattro generali. Due di questi sono di particolare interesse per noi: Tolomeo che governava l’Egitto e Seleuco che governava la Siria. La dinastia in Siria è detta Seleucide mentre quella in Egitto è definita Tolemaica e le due si sono scontrate in numerose guerre per tutto il tempo. Il capitolo undici di Daniele rappresenta alcune di queste guerre.

    Ora uno dei Seleucidi era un usurpatore di nome Antioco Epifane. Questo è il nome che diede a se stesso. Epifane significa ‘l’illustre’. Le persone lo chiamavano Antioco Epimanes, che significa ‘Antioco il pazzo’, e questa direi era una descrizione migliore, tuttavia Antioco Epifane era un tipo dell’anticristo secondo il libro di Daniele. Egli entro di sabato nel tempio a Gerusalemme e lo profano, e da quel giorno in poi cercava di costringere gli ebrei ad abbandonare le loro usanze e vivere come i greci. Questo è stato uno dei giorni più cupi nella storia del popolo di Dio, ed è a causa della grande precisione con cui il capitolo undici di Daniele descrive queste cose che gli uomini dicono che deve essere stato scritto da un contemporaneo.

    Ma nascono dei problemi per chi prende questa posizione. Prima di tutto, il capitolo undici di Daniele termina in modo strano se applichiamo tutto ad Antioco. La risposta, credo, sta nel fatto che il capitolo undici di Daniele si estende ben oltre i giorni di Antioco e parla dell’anticristo.

    Ma esiste una forte obiezione contro il dire che è stato scritto da un contemporaneo ed è questa: l’intero capitolo è scritto al futuro. Tutti questi eventi sono descritti come se non si fossero ancora avverati, piuttosto dovranno avverarsi in futuro. Segue che, se è stato un contemporaneo a scrivere tutto questo materiale, l’autore a scritto in modo tale da far credere che queste cose si devono avverare in un futuro distante. In altre parole, ha scritto con inganno, creando l’impressione che questi non sono eventi contemporanei ma eventi futuri. Questa è una forte obiezione contro il dire che queste parole sono state scritte da un autore contemporaneo con gli eventi.

    Certo uno potrebbe rispondere così: Quello che dici è vero ma basta semplicemente togliere questo capitolo dal libro di Daniele. Siamo disposti a credere che Daniele è stato l’autore di tutto il resto, ma questo brano in particolare, anche se presenta degli eventi come se fossero futuri, è talmente preciso, corrisponde talmente bene ai fatti che lo elimineremo dal libro di Daniele perché deve essere stato scritto per mano di una persona contemporanea, o quasi contemporanea, con gli eventi ed è stato successivamente inserito nel libro di Daniele. Bene, credo che questa è una soluzione piuttosto disperata. Sapete, quando le persone spiegano un fenomeno biblico in modo diverso dalla spiegazione fornita dalla bibbia stessa, si nota spesso un tono di disperazione nella loro proposta, e sospetto che qui ci troviamo di fonte a una cosa del genere. Con questo raggiro uno non scampa al problema, questo testo è comunque stato scritto come se riguardasse un evento futuro. Il dilemma morale rimane e ora si è creato un secondo problema perché il capitolo undici è una parte integrante del libro di Daniele, lo stile corrisponde benissimo, non si può semplicemente escludere, è non abbiamo nessuna evidenza nei manoscritti per dire che questo testo è stato inserito in un secondo momento.

    Ripeto, questo è un tentativo disperato di schivare il dilemma, e non credo che presenta una soluzione al dilemma, semplicemente genera altre difficoltà. Ed è così che vanno in genere le cose quando uno cerca una spiegazione per la bibbia che devia dalla spiegazione fornita nella bibbia stessa. Dunque ecco come stanno le cose, ci dicono che il libro di Daniele è stato scritto mentre Antioco Epifane sedeva sul trono. Ora, come vi ho detto, Antioco perseguitava gli ebrei e le cose si sono messe così male che Giuda Maccabeo guidò una rivolta contro di lui. Bene, la posizione critica e che il libro di Daniele è stato scritto in quest’epoca con lo scopo di fomentare una rivolta tra gli ebrei contro il dominio Seleucide. Il libro presenterebbe dunque Daniele e il suo atteggiamento eroico nella corte di Nabucodonosor, un uomo che dovremmo imitare. Nabucodonosor sarebbe dunque una sorta di Antioco Epifane contro il quale si rivolta Daniele. Sarebbe stato dunque questo il ragionamento usato per incitare gli ebrei alla rivolta. Ed è questo, ci dicono, lo scopo del libro di Daniele. Questa, credo, è la posizione critica, almeno è quella più ampiamente diffusa dalla critica, dire che il libro è stato prodotto nel secondo secolo avanti Cristo e che il suo obbiettivo sarebbe stato quello di incitare gli ebrei in una rivolta contro i greci seguendo l’esempio di Daniele.

    Ma ci sono delle obiezione da fare a questa posizione. Anzitutto, non mi è affatto chiaro perché avrebbero visto in Daniele un esempio. C’è una cosa che dovremmo ricordare: Daniele non è stato un ribelle dal punto di vista politico. Daniele non incitava alla rivolta contro Nabucodonosor. Non è stato affatto questo il suo comportamento! Daniele non disse, ‘Tu Nabucodonosor sei un re malvagio e noi metteremo un altro sul trono al posto tuo.’ Non era questo il ruolo di Daniele. Daniele era determinato nel dimostrare che il Dio d’Israele era il vero Dio, e che gli dei babilonesi erano degli idoli. Era questo l’operato di Daniele. Daniele era impegnato in una lotta religiosa, e credo che sta ad esempio per ogni ministro di Gesù.

    Noi erriamo quando confondiamo la lotta politica con la predicazione del Vangelo. Credo che Dio si usa molto di più di noi quando ci atteniamo alla predicazione del Vangelo e non impegniamo tutta la nostra vita all’attività politica. Non sto dicendo che il singolo cristiano non deve dedicare tempo all’attività politica, dovrebbe farlo, ma credo che i ministri sono grandemente tentati a confondere l’attività politica con la predicazione del Vangelo; e Daniele non fece questo. Allora chiederei, perché si sarebbero appellati a Daniele? Se uno vuole rovesciare il governo dei greci, perché appellarsi a Daniele? Daniele non incitava alla rivolta in alcun modo. Questo, vedete, è un difetto fondamentale dell’intero ragionamento critico. Se l’intenzione di questi antichi era usare Daniele, non hanno scelto un gran candidato perché Daniele non era interessato a queste cose: l’interesse di Daniele era la fedeltà verso Dio, ed è una cosa ben diversa. Un altro momento imbarazzante per la critica è stata la scoperta dei rotoli del Mar Morto.

    Sono stati trovati vari frammenti del libro di Daniele e, come sapete, il libro di Daniele è scritto in due lingue: ebraico e aramaico. Al capitolo 2, versetto 4, c’è uno stacco, essi risposero al re e poi vediamo la parola ‘arami’. Il senso è probabilmente che quello che segue è scritto in aramaico e non che la loro risposta è stata data in aramaico. Da questo punto in poi fino alla fine del capitolo sette tutto il libro è scritto in aramaico. Ora in questi frammenti di Daniele abbiamo il brano del capitolo 2 dove avviene questo passaggio dal ebraico all’aramaico e questi frammenti sono datati al tardo secondo secolo avanti Cristo. Quasi 50 anni dopo la data in cui la critica ci dice che è stato scritto il libro. Ora questa sarebbe una data abbastanza vicina all’originale ed è comprensibile che certe persone cercano di sostenere una data meno antica per questi frammenti. Ma se la data della critica è corretta allora questo sarebbe il manoscritto più vicino al autografo di qualsiasi testo della scrittura, e credo che questo merita la nostra attenzione.

    Quanto sarebbe probabile una così rapida diffusione del libro? Ricordiamo che non esisteva la stampa. Credo che questo fatto merita attenzione; l’esistenza dei rotoli del mar morto e la data meno antica attribuita al libro di Daniele.

    E’ emerso anche un altro fatto per cui non c’è alcun dubbio che una parte del libro di Daniele e molto più antica dell’epoca di Antioco Epifane e del secondo secolo avanti Cristo. Gustav Herschler(Hirschler?), un critico tedesco, è stato il primo a evidenziare il fatto che gran parte del materiale che troviamo nel libro di Daniele è molto più antico del secondo secolo avanti Cristo.

    Dunque, non è più sostenibile dire che il libro di Daniele è semplicemente stato scritto per incitare il popolo alla rivolta contro la dinastia Seleucide. Ma allora quale sarebbe stato lo scopo del libro di Daniele? Personalmente, credo che la critica si trova qui in imbarazzo. Quale sarebbe stato lo scopo del libro di Daniele? Potremmo sempre rifarci a un vecchio amico, la parola ‘mito’. Queste storie sarebbero circolate riguardo un individuo di nome Daniele, sarebbero poi state raccolte nel secondo secolo a.C. e potremmo quindi sostenere una paternità nel secondo secolo anche se molto del materiale è ben più antico, e il libro avrebbe dunque sempre lo stesso scopo. Ma se sostieni questa posizione restano le stesso obiezioni che ho presentato poco fa. Passiamo ora a vedere il libro stesso e alcuni dei cosiddetti problemi che riscontriamo nel libro.

    Uno di questi riguarda la lingua, l’uso dell’aramaico. L’aramaico di Daniele, ci dicono, appartiene a quello che è definito il reichsaramäisch, l’aramaico del regno, ovvero la forma usata dal quinto secolo a.C. in poi, e la data più probabile per l’aramaico di Daniele sarebbe il terzo secolo avanti Cristo. Un modo o l’altro, sarebbe una forma troppo tarda per essere stata usata da Daniele stesso. Permettetemi di illustrate una o due delle evidenze fornite a questo proposito, le parole scritte con una ‘z’ sono dette antiche. Con il passare del tempo la ‘z’ sarebbe stata sostituita da una ‘d’, è questo il ragionamento. In realtà entrambe rappresentano un altra consonante che non era inclusa nell’alfabeto aramaico, e anche in testi antichi come il testo di Ras Shamra del 1450 a.C. queste stesse parole le troviamo scritte con una ‘d’ piuttosto che una ‘z’. Senza entrare nei dettagli, sto dicendo che lo stesso fenomeno filologico riscontrato in Daniele è presente in questi testi più antichi, i testi di Ras Shamra.

    Trovo che questo sia un fatto di grande interesse. Inoltre, ci dicono che una altro cambiamento ortografico si riscontra nell’aramaico meno antico. Con il passare del tempo la ‘k’ veniva rappresentata sempre più spesso dalla consonante ‘ian’, che noi pronunciamo erratamente ‘a’; la parola terra per esempio si pronunciava anticamente ‘ar’ka’ e successivamente ‘ar’a’. In un versetto del libro di Geremia che è scritto in aramaico troviamo entrambe le forme, ed è a questo punto che sarebbe avvenuto il passaggio dalla forma antica alla forma meno antica. Bene, in Daniele troviamo sempre scritto ‘ar’a’, ma di recente si è scoperto che durante l’epoca di Dario il Grande, pochi anni dopo l’epoca di Daniele – e ricordiamoci che è possibile che Daniele fosse ancora in vita durante questo periodo – è stato prodotto un testo scritto in cuneiforme che contiene svariate parole in aramaico scritte in cuneiforme, tra cui la parola terra. Bene, anche in quel documento troviamo scritto ‘ar’a’ piuttosto che ‘ar’ka’. Questo dimostra che questa ortografia era diffusa all’epoca e si tratta di un documento scritto al massimo pochi anni dopo la morte di Daniele. Questa ortografia era tanto diffusa, in altre parole, da essere adottata in un altra lingua con quella forma.

    Ora non intendo dare l’impressione che la questione non presenta difficoltà, senz’altro ci sono delle difficoltà, ma credo che possiamo dire onestamente che non c’è nulla nella forma di aramaico o di ebraico presente in Daniele che possa escludere una paternità databile al sesto secolo avanti Cristo. Quindi che Daniele sia stato l’autore. E’ anche probabile che i manoscritti di Daniele che abbiamo sono a loro volta delle copie di copie precedenti. E che possono esserci state revisioni ortografiche e modifiche, questo è molto probabile. Tu ed io, quando traduciamo la bibbia, usiamo le regole ortografiche correnti ai nostri giorni e non l’ortografia di un altro secolo. E’ una cosa più che naturale. Sappiamo che in Genesi, in un versetto il nome Dan viene sostituito per il nome più antico Leach. Questo non è un errore nella bibbia, significa semplicemente che gli scribi hanno aggiornato il testo; ed è possibile che abbiano fatto questo anche con l’aramaico di Daniele. Comunque la mettiamo, sono fermamente convinto che esiste motivo per cui l’aramaico presente nel libro di Daniele non potrebbe essere stato scritto per mano di Daniele stesso. Sono emersi dei trattati scritti in aramaico, alcuni risalenti all’ottavo secolo avanti Cristo; cioè ben 200 anni prima di Daniele. E lo studio di questi trattati è molto interessante. Stanno modificando, fino a un certo punto, quanto crediamo di sapere della lingua aramaica.

    Sono dunque incoraggiato nella convinzione che non esiste motivo per cui dovrei dire a causa del linguaggio usato nel libro che Daniele stesso non potrebbe essere stato l’autore. Ora credo che conoscete i ragionamenti presentati contro questa tesi; credo di avere lavorato con tutto questo materiale e credo che possiamo dire questo in tutta verità. Tuttavia, queste non sono cose che si possono approfondire in una relazione per i pubblico generale, è la sorta di cosa, alla quale, se Dio risparmierà la mia vita, vorrei dedicare del tempo per affrontare per iscritto questo tema. Credo che non abbiamo nulla da temere in questo riguardo. Ma ci viene anche detto, vedete, che ci sono degli errori storici nel libro di Daniele.

    Bene, Daniele presenta sicuramente delle difficoltà, come qualsiasi libro della bibbia e direi qualsiasi testo antico. Uno di questi dilemmi storici lo troviamo nel primo versetto del libro. Dove troviamo scritto che nell’anno terzo di Ioiakim re di Giuda, Nabucodonosor venne e assediò Gerusalemme. Ora esiste un commentario che sostiene che questo primo versetto presenta tre errori storici. Il primo riguarderebbe il nome e la data: il terzo anno di Ioiakim; il problema qui è che al capitolo 25 di Geremia troviamo scritto che Nabucodonosor venne l’anno quarto del regno di Ioiakim. Daniele dice l’anno terzo, Geremia dice l’anno quarto, e dunque ci dicono che qui c’è un errore ed è stato Daniele a commettere l’errore.

    Ricordiamo che al capitolo nove di Daniele troviamo scritto, ‘io Daniele tentavo di comprendere nei libri il numero degli anni di cui il Signore aveva parlato al profeta Geremia…’ Allora Daniele stava leggendo le parole di Geremia, e in particolare stava leggendo questo brano, perché è sempre nel capitolo 25 che Geremia parla dei 70 anni di cattività. La cattività era quasi terminata, i 70 anni erano passati, e Daniele desiderava sapere tramite Geremia cosa avrebbe fatto ora Dio. Daniele stava studiando il libro di Geremia. Bene, se l’autore stava studiando Geremia, avrebbe letto che Nabucodonosor venne l’anno quarto di Ioiakim. Perché dunque ci parla dell’anno terzo di Ioiakim?

    Mi sembra evidente che questo sarebbe stato un errore parecchio grave se stava leggendo le parole di Geremia. Ecco fresca nella sua mente la frase ‘anno quarto’, eppure scrive anno terzo. Per quanto mi riguardo non riesco a capire una cosa del genere, l’unico modo per evitare questa difficoltà e dare per scontato che il libro di Daniele nasce da una serie di frammenti distinti – e c’è chi sostiene una cosa del genere – che sarebbe poi stati raccolti successivamente. Forse così uno schiverebbe questo dilemma supponendo che il redattore non apporto nessuna correzione perché non aveva mai letto Geremia. Se uno vuole credere questo di Daniele, va bene, non credo che si può montare una gran difesa per una supposizione del genere, ma uno deve immaginare una situazione del genere. Ma poi esiste una difficoltà psicologica, perché un autore che ha letto il libro di Geremia e ha visto che si trattava dell’anno quarto scriverebbe poi l’anno terzo? Quale sarebbe lo scopo di un cambiamento del genere? Era forse una di quelle persone che intendeva volutamente creare confusione? Non credo proprio.

    Numerose spiegazioni sono state fornite e credo che molte hanno qualche merito, ma secondo me Daniele scriveva dal punto di vista babilonese, usando la cronologia babilonese, il loro metodo per contare gli anni, e non il metodo Palestinese. Ora in Palestina si usava spesso il metodo babilonese e esistono degli scambi che sono piuttosto frequenti. Segue che, quando Daniele parla dell’anno terzo, in realtà intende la stessa data di cui parla Geremia quando dice l’anno quarto. Infatti, per il metodo babilonese, l’anno dell’incoronamento veniva considerato semplicemente anno di incoronamento. L’anno che seguiva, quello che tu ed io chiameremo anno secondo, era per il metodo babilonese l’anno primo. Allora con questo schema, quello che Daniele chiama anno terzo di Ioiakim sarebbe per il metodo usato da Geremia l’anno quarto di Ioiakim.

    Ora questa non è una soluzione priva di difficoltà, ma trovo che sia la spiegazione che meglio corrisponde un po a tutta la cronologia del libro di Daniele. Come minimo è utile quanto qualsiasi altra spiegazione per capire la difficoltà. Sono contento che il Prof. Wiseman della University of London ha scritto recentemente un articolo su questo tema in difesa di questa interpretazione. Se possiamo dire questo allora possiamo dire che Daniele non ha commesso alcun errore. Per quanto riguarda Geremia, non credo che abbia usato sempre lo stesso metodo per contare gli anni, perché anche Geremia sembra usare certe volte il metodo babilonese. Ad ogni modo, non credo che ci sia una contradizione nel metodo usato da Daniele e Geremia per contare gli anni del regno di Ioiakim.

    Poi c’è il secondo di questi errori, il fatto che Nabucodonosor viene definito re mentre in realtà a questo punto sarebbe solo stato il principe erede e sarebbe diventato re di li a poco. Sappiamo da Giuseppe Flavio e ora grazie alle cronache dei re babilonesi possiamo sapere più riguardo a queste incursioni di Nabucodonosor. Pare che Nabucodonosor lasciò la battaglia di Carchemis per scendere a Gerusalemme ed è stato richiamato in fretta a casa per la morte di suo padre, quindi divenne re.

    Ma possiamo dire che Daniele ha sbagliato in questo caso? Non ha forse usato il titolo proletticamente? E’ una cosa che noi facciamo del continuo. Tu ed io diciamo che Abramo uscì dalla Mesopotamia, ma le cose non sono andate così. In quel epoca il territorio non si chiamava Mesopotamia, o mi sbaglio? Il nome Mesopotamia è stato applicato solo in un epoca successiva, qualche secolo dopo, ma abbiamo forse detto qualcosa di sbagliato? Forse sarebbe più preciso dire che Abramo lasciò Ur dei Caldei oppure Caran. Abramo uscì dalla terra oggi chiamata Mesopotamia. Similmente, quando parliamo dell’infanzia di un grande personaggio politico e usiamo il suo titolo. Abbiamo forse commesso un errore? Noi usiamo quotidianamente dei titoli in senso prolettico, perché Daniele non potrebbe fare lo stesso?

    Supponiamo che Daniele avesse usato la formula preferita da alcune di queste persone e avesse scritto, ‘nell’anno terzo di Ioiachim, Nabucodonosor, che non era ancora re ma solo il principe erede e sarebbe divenuto re a distanza di un anno con la morte di suo padre, tornò in Mesopotamia.’ Supponiamo che Daniele avesse scritto così, magari avrebbe accontentato qualche studioso che ama le tesi di laurea e vuole questo livello di informazione, ma non è questa la natura del testo biblico e non credo che sarebbe stato molto utile scrivere così. Per di più non è necessario, si tratta semplicemente del uso prolettico.

    Ora la terza accusa è che Daniele avrebbe detto che Nabucodonosor catturò Gerusalemme, mentre in realtà Gerusalemme è stata catturata solo dopo qualche anno nel secolo successivo, ma non è proprio questo il senso del versetto. Le cronache dei re Caldei dimostrano che questi re hanno fatto più incursioni verso l’occidente e possibilmente, infatto direi che non c’è dubbio su questo punto, Nabucodonosor riuscì a portare via Ioiachim e degli altri ma Ioiachim tornò successivamente. Nessuno ha dimostrato che queste affermazioni di Daniele non corrispondono ai fatti.

    Passiamo poi all’uso del termine Caldei, anche questo sarebbe un errore perché ci dicono che nel sesto secolo avanti Cristo non venivano chiamati così, eppure sembra che Erodico li chiama Caldei nel secolo successivo, quindi se Daniele scrisse il suo libro al termine del periodo babilonese, dopo la conquista da parte dei Persiani, questo spiegherebbe la presenza di un gran numero di usanze Persiane nel libro.

    Ma l’errore principale, suppongo, è il riferimento a Dario il Medo. Ricordiamo che Dario il Medo viene presentato al capitolo cinque. Ci dicono che questa è una gaffe storica di primo ordine, che esiste una confusione con Dario Hystaspes o Dario il Grande, o qualcun altro, e che non ci fu mai un Dario il Medo. Bene, un libro è stato scritto che vuole dimostrare che Dario il Medo non corrisponde ad alcun personaggio storico noto. Quindi questo sarebbe il grande errore del libro di Daniele. In fatti, c’è chi ha voluto dimostrare l’unità di questo libro proprio in virtù della coerenza con qui presenta questi riferimenti errati a Dario il Medo in tutto il libro. In risposta direi questo, anche se non fosse possibile riconoscere Dario il Medo, ciò non dimostra che non è veramente esistito. Se uno si informa sui re dell’Egitto, quanti dei nomi si possono riconoscere? Spesso esiste un unico riferimento a queste persone. Questo dimostra forse che non sono mai esistite, che sono il frutto dell’immaginazione di qualcuno? Per niente. Il semplice fatto che tu e io non sappiamo chi fosse Dario il Medo nella storia non significa che non è mai esistito.
    Eppure di recente il professore John Whitcomb, un mio caro amico alla Grace Theological Seminary, ha scritto un libro in cui tenta di capire chi fosse Dario il Medo. Nel libro evidenzia due persone vissute in quel periodo e una di queste corrisponde molto bene ai requisiti per essere definito Dario il Medo. Trovo molto convincente la sua presentazione e il professore Donald Wiseman della University of London ha presentato forti ragionamenti a dimostrazione del fatto che Dario il Medo non sarebbe altro che un secondo titolo usato per Ciro il Grande, quindi da queste due posizioni vediamo che esistono delle buone alternative. Sinceramente non so chi dei due ha ragione, ma ammiro questi uomini per l’impegno che hanno dimostrato nel cercare una risposta a questo problema ed entrambe hanno presentato dei ragionamenti persuasivi al punto che nessuno può più dire che parlare di Dario il Medo sia un errore.

    Ora il ragionamento sarebbe questo: Daniele nomina un certo Dario il Medo, ciò richiede l’esistenza di un impero dei medi successivo alla caduta della Babilonia, mentre in realtà non è mai esistito un impero separato dei medi in quel periodo, solo successivamente e per pochi anni si sarebbe creato un impero simile. Dunque, dal momento non è mai esistito un impero indipendente dei Medi, l’autore ha commesso un grave errore. I quattro regni secondo la critica sarebbero dunque la Babilonia, poi la Media, poi la Persia e infine la Grecia.

    Questo sarebbe lo schema sbagliato creato dall’autore del libro di Daniele, dimostrabile dal fatto che ci parla di questo Dario il Medo. Ma la logica di questo ragionamento non è valida. Durante la seconda guerra mondiale un austriaco di nome Arthur Seyss-Inquart è stato elevato a governo dell’Olanda da parte dei tedeschi. Questo non significa che l’Olanda è stata governata da un regno austriaco in quel periodo. Non credo che Hitler avrebbe condiviso un interpretazione del genere. No, la logica non è valida. Il semplice fatto che l’uomo fosse austriaco non significa che sia esistito un impero o un regno austriaco, vero? Nabucodonosor ebbe una moglie che veniva dalla Media, ma non per questo i Medi governavano su Nabucodonosor. Forse su questo punto si potrebbe discutere, magari dovrei fare attenzione con le parole in questo caso. Tuttavia, il semplice fatto che una persona ha una determinata nazionalità non significa che quella nazione è salita al governo, quindi dire che Dario il Medo è salito sul trono non richiede l’esistenza di un impero indipendente dei Medi. Non è una necessita logica. Credo che sia sbagliato insistere che sia esistito questo impero indipendente dei medi. Ed è quindi altrettanto sbagliato dire che i regni descritti da Daniele sono prima la Babilonia, poi un impero indipendente dei medi, poi l’impero Persiano, e poi l’impero Greco, eppure troviamo questa sequenza in tanti commentari. Ma questa logica è forse valida? Non stiamo forse inserendo una nostra opinione nel libro di Daniele?

    Abbiamo visto che esistono personaggi che potrebbero equivalere a Dario il Medo. Non c’è quindi un errore quando Daniele nomina Dario il Medo. Se uno vuole insistere su questo punto dovrebbe, per essere coerente, insistere che esiste un errore ogni qual volta nei documenti egiziani o assiri viene nominato qualche re di cui non sappiamo altro ma nessuno vuole sostenere una tesi simile. Sono state fatte numerose scoperte riguardanti il capitolo cinque di Daniele, quel capitolo che sarebbe colpevole di questa gaffe storica riguardante Dario il Medo, scoperte che dimostrano quanto questo capitolo risale al periodo babilonese. Le usanze dei Persiani, che Daniele avrebbe conosciuto bene se avesse scritto dopo la caduta, o poco prima della caduta di Babilonia, quando queste usanze sarebbero giunte a Babilonia sono anche presenti in questo capitolo.

    L’idea di un re, per esempio, che siede su una piattaforma elevata per mangiare in presenza dei suoi nobili era un usanza di quell’epoca. C’è poi il fatto che Daniele viene elevato a terza persona nel regno. Questo è un elemento molto particolare, non so come uno potrebbe aver indovinato una cosa del genere, perché in realtà Baldassare non era la prima persona del regno, la prima persona era Nabonide che aveva concesso tutti i doveri del regno a Baldassare, eccetto la celebrazione dell’anno nuovo. Dunque era proprio naturale che Daniele dovette essere terzo: la sequenza sarebbe stata Nabonide, Baldassare e Daniele. Comunque la mettiamo, sia che Daniele fosse uno di tre o terzo nel regno, vediamo quanto è straordinariamente precisa questa affermazione, una cosa che nessuno che non fosse a conoscenza dei fatti avrebbe potuto indovinare.

    Ma ci dicono che è sbagliato dire che Baldassare fosse re. Ho parlato con il professore Wiseman di questo e lui non riusciva a capire il senso di questa obiezione, lo stesso vale anche per me. Sappiamo dai documenti che il titolo di re veniva applicato in numerosi modi diversi; esistevano re sopra determinata città, re di stati e un gran re che governava su un certo numero di re inferiori. Bene, secondo le tavole contrattuali, Nabonide aveva affidato il regno (sharutam) a Baldassare. Baldassare, dunque, viene definito ‘sharu’ re, non troviamo questo titolo nelle tavolette babilonesi ma sarebbe legittimo come titolo. Nelle tavolette babilonesi viene definito ‘mar shari’ figlio del re, ma è naturale pensare che gli ebrei lo avrebbero chiamato re dal momento che sedeva sul trono, svolgeva le funzione di un re, era con lui che dovevano trattare. Come possiamo dire che Daniele si è sbagliato in questo caso?

    Osservate il capitolo tre di Daniele e troverete che le misure sono presentate con il sistema sessagesimale, questo era il sistema usato nell’antica babilonia. Al capitolo sette di Daniele notiamo quanto il grande animale, il leone con le ali di un aquila, fosse adatto a rappresentare la Babilonia visto che il leone e l’aquila erano simboli della babilonia e viste le bestie alate presenti sui monumenti della Babilonia. Come è possibile che un ebreo sconosciuto del secondo secolo avanti Cristo sarebbe stato in grado di inventarsi queste cose e presentarle così come le troviamo in Daniele? Inoltre, la rappresentazione di Nabucodonosor che osserva la grande Babilonia che ha costruito lui stesso è perfettamente concorde che il modo in cui Nabucodonosor stesso si rappresenta nelle sue iscrizioni.
    Vorrei chiudere ora con un unico problema che ci viene presentato oggi. Ora ci dicono che i rotoli del mar morto dimostrerebbero un errore nella descrizione della follia di Nabucodonosor presentata in Daniele. Questo non sarebbe mai successo a Nabucodonosor, ci dicono, riguarda piuttosto Nabonide, visto che i rotoli di Qumran applicano questo testo a Nabonide. Bene, qui diventa palese la preferenza della critica. Se la bibbia dice una cosa e qualche altro documento dice il contrario, bene quel secondo documento ha ragione e la bibbia ha torto, ipso facto, per molti è questo l’atteggiamento.

    Ma sono molto contento che il professore Portious, che ha scritto un commentario piuttosto radicale sul libro di Daniele, non è disposto ad accettare questo ragionamento. Non è forse altrettanto possibile che questi rotoli di Qumran abbiano confuso la tradizione e l’abbiano applicata a Nabonide? Non esiste alcun motivo per preferire questi rotoli a quanto viene affermato nel libro di Daniele, nessun motivo. Quello che viene affermato in Daniele viene presentato in maniera chiara, e questa tradizione la troviamo altrove. Credo che questa tradizione sia stato confusa fino a un certo punto da le affermazioni che riguardano Nabonide, ma se facciamo un confronto dettagliato dei due, il testo di Qumran e il testo di Daniele, vedremo che in realtà non stanno parlando affatto della stessa cosa. Ed è possibile che quanto riportato a Qumran si fosse avverato per Nabonide e che non riguarda affatto Nabucodonosor.

    Dico questo solo per quelli che magari sono stati turbati da questo più recente assalto al libro di Daniele da chi dice che la follia di Nabucodonosor in realtà era un evento che riguardava Nabonide. Le cose non stanno così e non abbiamo nulla da temere in questo riguardo. Per chiudere direi che esistono, sì, delle complessità nel libro di Daniele, questo è vero, ma esistono complessità maggiori per quello che la critica ha da dire riguardo Daniele, e che il libro di Daniele è un unità. Ed è nel esaminare i contenuti, nel vedere come questo libro ci indica la figura di Cristo ed il trionfo del regno di Dio sui regni di questo mondo che comprendiamo che le origini di questo libro non sono quelle presentate dalla critica, piuttosto siamo di fronte alla parola rivelata di Dio. Grazie.

  • La Bibbia: storia o fantasia?

    La Bibbia: storia o fantasia?

    Leggendo i nomi di personaggi biblici quali Nabucodonosor, Sennacherib, Tirhaka, ecc. si ha l’impressione di sfogliare un testo nato dalla fantasia di qualche scrittore anonimo. Eppure basterebbe un tour dei principali musei internazionali per capire che questi nomi appartengono a persone reali.

    L’invasione assira, il re di Giuda e la fortezza di Lachish…
    Reperti recanti i nomi di Nabucodonosor (sopra) e di suo figlio Amil-Marduk (sotto)

    Ezechia

    Immagine 1 di 12

    Ricostruzione 3D del sigillo di Ezechia basato sulla bulla scoperta da Eilat Mazar recante l’iscrizione “Di Ezechia figlio di Acaz re di Giuda”

    Lo stesso si può dire delle rovine di città bibliche che emergono dal suolo della terra di Israele. Consideriamo, per esempio, le porte di ingresso monumentali che caratterizzano siti come Gezer, Lachish, o Megiddo. Queste strutture impressionanti seguono tutte un unico schema: una porta di ingresso fiancheggiata da sei ampie camere, tre a destra e tre a sinistra.

    Six-chambered gate at Tel Gezer CC BY SA Ian Scott
    Porta monumentale della biblica Gezer (CC BY-SA 2.0) Ian Scott

    Ma se le città e i loro regnanti appartengono alla realtà e non alla fantasia, che dire dei personaggi minori e degli eventi specifici narrati nelle sacre scritture?

    Anche in questo caso l’archeologia ci è di aiuto. Possiamo prendere ad esempio gli uomini che – stando al libro del profeta Geremia – avrebbero fatto gettare il profeta in una cisterna. La bibbia non ci risparmia i dettagli sul loro conto, sappiamo i loro nomi, i nomi dei loro padri, il loro status presso la corte del re di Gerusalemme e, ovviamente, l’epoca in cui sono vissuti. Si tratta infatti di:

    • Sefatià figlio di Mattàn
    • Ghedalia figlio di Pascùr
    • Iucàl figlio di Selemia
    • Pascùr figlio di Malchia

    Ebbene, proprio dallo strato di distruzione lasciato dall’esercito di Nabucodonosor sono emersi i negativi dei sigilli di due di queste figure minori (Ghedalia e Iucàl) in entrambe i casi i sigilli riportano il nome del padre e del figlio e la loro posizione stratigrafica (epoca babilonese) e topografica (a pochi passi dalla spianata del tempio) rendono certa l’identificazione con gli antagonisti nominati da Geremia. Lo stesso vale per un tale Ghemaria figlio di Safan, che mostrò amicizia al profeta.

    Ricostruzione 3D degli annelli con sigillo di Ghemaria, Iucal e Ghedalia, e altri, basati sulle bullae (cioè le impronte negative dei sigilli) rinvenute a Gerusalemme

    Ma l’utilità dell’archeologia biblica non finisce qui, incontrare la storia non solo rende più tangibile il testo biblico aiuta anche renderlo più comprensibile e più facilmente assimilabile. In somma, continua a scavare c’è molto altro da scoprire!

    1 Sefatia figlio di Mattan, Ghedalia figlio di Pasur, Iucal figlio di Selamia e Pasur figlio di Malchia, udirono le parole che Geremia rivolgeva a tutto il popolo, dicendo: 2 “Così parla l’Eterno: ‘Chi rimarrà in questa città morrà di spada, di fame o di peste; ma chi andrà ad arrendersi ai Caldei avrà salva la vita, la vita sarà il suo bottino e vivrà’. 3 Così parla l’Eterno: ‘Questa città sarà certamente data in mano dell’esercito del re di Babilonia, che la prenderà’”. 4 I capi dissero al re: “Quest’uomo sia messo a morte! poiché egli rende fiacche le mani degli uomini di guerra che rimangono in questa città, e le mani di tutto il popolo, tenendo loro tali discorsi; quest’uomo non cerca il bene, ma il male di questo popolo”. 5 Allora il re Sedechia disse: “Ecco, egli è in mano vostra; poiché il re non può nulla contro di voi”.

    Geremia 38 (Riveduta 2020)